martedì 22 febbraio 2011

Intervista a Emanuele Podestà, di Habanero Edizioni

Per incentivare il discorso sulla distribuzione editoriale già intrapreso più volte qui su Blogolonelbuio, oggi inserisco una bella chiacchierata fatta con Emanuele Podestà, un giovanissimo scrittore che è tra i fondatori della casa editrice HabanerO, una piccola realtà indipendente che sta cercando, con un certo successo, di ritagliarsi il suo spazio nel mare magnum dell'editoria italiana. Emanuele ha risposto in maniera molto dettagliata alle domande, spiegandoci in particolare cos'è il progetto della PopProduzione.
 


Allora, per prima cosa vorrei che mi presentassi HabanerO, quando è nata, quali sono i suoi tratti distintivi, a chi si rivolge, insomma parlami in generale del progetto.

HabanerO è un progetto e con questo voglio da subito far capire che la nostra avventura editoriale è stata lucidamente e razionalmente pensato perché potesse essere innovativa, ma funzionale, rivoluzionaria, ma possibile. Non è una battaglia contro i mulini a vento, ma una sfida che vogliamo vincere. Il nome: Habanero Chocolate Pepper, piccoli peperoncini provenienti dallo Yucatan, molto colorati, molto, troppo piccanti. Il progetto HabanerO trova le sue premesse da tutto ciò: per quanto piccoli noi si possa essere, se saremo insieme, se saremo uniti, nessuno potrà mai pensare di mangiarsi un intero cesto di habanero. Siamo molto colorati:
pericolosissimi, sì, perché quasi mortali per la nostra piccantezza, difficilmente digeribili, scomodi, estremi. Un piatto di habanero dà un bel colpo d'occhio, è allegro, ma le insidie sono tante: in sintesi una forma accattivante, un contenuto pericoloso. HabanerO è una casa editrice indipendente e underground di base a Genova, coinvolge una redazione di 10 ragazzi e ragazze under 30, si occupa di promozione e produzione di autori che hanno qualcosa di forte da dire.

Vi occupate solo di esordienti o avete pubblicato anche autori già noti?

L'occhio di riguardo è per esordienti perché ci piaceva l'idea di aiutare chi potrebbe incontrare più difficoltà nella pubblicazione, ma ovviamente è capitato in questo primo anno di attività di pubblicare autori che si stanno ritagliando un loro spazio nel mondo della letteratura contemporanea: penso al poeta e performer Daniel Nevoso, autore già di un paio di libri per altre case editrici e prossimamente edito da HabanerO, poi a Marco Candida, uscito già per i tipi di Sironi e recentemente inserito nella raccolta Best European Fiction 2011. Poi c'è Anselmo Roveda, Bruno Cicchetti e tanti altri.

Che idea hai della situazione attuale dell'editoria italiana? E di quella della letteratura italiana?

Prima parliamo di letteratura italiana. Credo ci sia qualcosa che nonostante tutto, nonostante lo zdanovismo cortigiano di quella parte d'Italia che in un saggio bellissimo del professor Panarari viene definita Egemonia Sottoculturale, qualcosa bolle. Certamente la mediocre letteratura italiana si popola, ahinoi, di avvilenti opliti pronti a impantanare il discorso su livelli di basso sentimentalismo (soprattutto in prosa) o vecchio classicismo (soprattutto in poesia), ma qualche fuocherello di vitalità, sperimentalismo, passione può essere trovato. Sto parlando di Wu Ming e il New Italian Epic, Evangelisti, Nove, Lucarelli, Genna e Roberto Saviano. L'editoria, almeno una parte, si sta adeguando. Ci sono, anche qui nonostante tutto, tante buone case editrici che portano avanti un discorso di qualità applicato, giocoforza, al mercato.

Cosa pensate dell'editoria a pagamento?

Ne pensiamo ogni male. E' vero che l'editoria è, almeno in parte, da sempre stata a pagamento: Svevo, d'Annunzio e Moravia, ne cito solo alcuni, pagarono per essere pubblicati. Ma questa è una magra consolazione: il problema è che esistono troppe case editrici e troppe di queste pensano di poter vivere sui cosiddetti manoscrittari, illudendo e spezzando sogni. La grande balla è quella della difficoltà nel trovare fondi: un libro costa molto, è vero, ma noi, per esempio, per supplire a questa endemica mancanza (siamo quasi tutti studenti universitari e nessuno di noi è un mecenate) organizziamo eventi chiamati POPproduzioni in cui raccogliere fondi per i libri. Il male, poi, è radicato: soldi vengono chiesti per servizi di valutazione, ricerca casa editrice, iscrizioni a corsi truffa (vedi il mio "amico" Baricco. Per capire cosa io pensi di Baricco rimando al mio libro La Sindrome di Bob Dylan) e, persino, recensioni su blog che nessuno legge. A noi arriva in redazione una decina di richieste simili ogni settimana. Credono che se siamo piccoli saremo anche dei boccaloni. I peperoncini sono piccoli, ma sanno difendersi.

Quali sono stati i primi passi (anche burocratici) che avete mosso per mettere in piedi la casa editrice, e quale il motivo principale che vi ha spinto a realizzare un progetto tutto vostro?

In realtà il percorso è stato a ritroso: prima abbiamo pubblicato un libro, un mio libro, ovvero La Vera Storia del Fegato di Bukowski: un esperimento, pubblicazione clandestina senza codice isbn, distribuzione, ecc.. Ci siamo presi un bel rischio, abbiamo veramente sfidato la sorte, potevamo non venderne neanche uno. Un po' di spregiudicatezza e non curanza: memento audere semper. Poi, contro ogni aspettativa, è andata anche meglio di quanto avremmo potuto sperare: sono andato in tutte le librerie della Liguria, dalle grandi catene a quelle indipendenti, e tutte mi hanno preso, mi hanno esposto e mi hanno consigliato e poi venduto. Siamo riusciti a vendere 500 copie in meno di sei mesi. Fortuna del principiante o meno, era la scossa che ci ha spinto a mettere apposto tutti i particolari, anche quelli burocratici. Questo è stato possibile grazie alla collaborazione con Erga Edizioni, la più antica casa editrice di Genova che ci ha preso sotto la propria ala.


Parlami un po', in generale, della distribuzione editoriale italiana, cosa ne pensi e, eventualmente, come la rinnoveresti?

Io credo che le grandi case editrici hanno ingolfato il sistema. Troppi libri troppo spesso inutili fanno da tappo a una nascente e irrinunciabile nuova stagione della letteratura italiana. Qui parlo da scrittore: non si può chiedere ad un esordiente di vendere come un comico di Zelig o un calciatore, se si punta alle vendita la qualità rimarrà 99 su 100 una componente fortuita. Credo che qui debbano essere le piccole e medie case editrici a rompere il giogo dei soliti canali di distribuzione. Parlo da editore: HabanerO, nascendo come esperienza che si ispira ai promoter musicali del mondo indie, agisce da agenzia di tour booking facendo viaggiare il più possibile i propri autori e performer in modo che questi possano conoscere e interessare un buon numero di persone. In più, ormai da sei mesi, organizziamo noi stessi feste e festival in giro per l'Italia. Credo che le case editrici, quelle che hanno fame e voglia di spaccare tutto come noi, debbano essere disposte a "sporcarsi le mani" e tirarsi su le maniche.


HabanerO per la distribuzione si appoggia al canale Cda, se non sbaglio. Come siete entrati in contatto con questo canale? Avete anche una vostra rete indipendente? Cosa intendete, più in dettaglio, quando parlate di POPproduzione?

Cda è il nostro canale di distribuzione, a questo siamo arrivati grazie a Erga Edizioni. L'alternativa è la vendita nei nostri eventi e in tutti quegli esercizi che i distributori non raggiungono: caffè letterari, bar, ristoranti, negozi d'abbigliamento, una volta persino un sexy shop. POPproduzione è un'intuizione che ci è venuta qualche tempo fa: organizziamo un concerto o grosso evento, conteniamo le spese, la gente viene alla serata sapendo che quell'occasione è concepita come benefit al fine di produrre un libro e che quindi i fondi saranno girati per la produzione del libro. Il prezzo del biglietto è lo stesso del libro e quindi, tenendo il biglietto si riceve una volta editato (solitamente entro un mese) il libro che si è finanziato. In pratica con le POPproduzioni vendiamo in anteprima il libro, tutti sono editori, non chiediamo un centesimo all'autore e quando pubblichiamo abbiamo almeno 150/200 lettori già certi. Ad esempio, il 4 febbraio abbiamo organizzato una grande serata in uno dei maggiori teatri genovesi, il Teatro della Tosse (Sala La Claque) per produrre Saltare nelle Pozzanghere di Francesca Sophie Giona. Una bellissima serata giovane alla quale hanno partecipato 150 persone pagando 10 euro d'entrata. E' stato un vero e proprio successo.

Come gestite invece la promozione, siete autonomi, vi appoggiate a qualche canale già noto, o entrambe le cose? Vantate delle iniziative particolari in tal senso?

Una grande festa al mese, una media di 200 partecipanti, presentazioni di ogni libro (anche più di una), incontri (abbiamo portato o porteremo a Genova Luca Telese, Marco Damilano, Gianrico Carofiglio, Lorella Zanardo, Aldo Schiavone), bookshop durante concerti musicali. E' questo il nostro modo di promuoverci, tenere il territorio e dare una possibilità di esibirsi a tutti. E poi Django: Django è la nostra free press di diffusione poetica. Si dice che la poesia non si vende? Benissimo, noi la regaliamo: librerie, biblioteche, treni, negozi, bar, scuole, università, tutti hanno la loro copia di Django a Genova. Con una tiratura che entro fine anno dovrebbe arrivare a 10 mila copie, questo è lo strumento più efficace per parlare di noi, delle nostre proposte e dare spazio a chi vuole pubblicare gratuitamente i propri componimenti. Django ha poi l'onore di riportare interventi di Luca Borzani, presidente di Palazzo Ducale (la più importante cornice genovese) e del prof. Bruno Cicchetti, uno dei fondatori di HabanerO.


Avete mai pensato di collaborare con altri editori per aumentare la visibilità del vostro progetto (penso, tanto per citare un esempio, al modello «Beat edizioni», progetto in cui convergono tre editori di tutto rispetto come minimumfax, Neri Pozza e La Nuova Frontiera)?

E' una soluzione alla quale stiamo pensando, il problema è trovare realtà "positive" e propositive che non vogliano approfittarsi. Questo ci è riuscito con Erga Edizioni, instaurando un matrimonio che può solo durare. Finora abbiamo collaborato con promoter musicali e etichette discografiche. Ma come detto c'è la volontà di lavorare con case editrici serie: noi in dote portiamo freschezza, giovinezza, rivolta. Loro possono insegnarci tanto e questo per noi è importantissimo.

Parlami un po' del catalogo di HabanerO e, se vuoi, delle prossime uscite.
Due collane, una dedicata ai romanzi, Officina HabanerO, l'altra di poesia. Fanno parte della sezione romanzi anche le raccolte di autori che nel primo anno di vita ci sono servite tantissimo per raggiungere più gente possibile. In un anno abbiamo pubblicato 30 autori, il 60% di questi sono esordienti totali. HabanerO è la valvola di sfogo di una gioventù, quella genovese, che rischia giornalmente l'anestesia totale in una città troppo abituata al suo torpore e alla sua incoerenza per poter davvero sognare. Joyce scelse Dublino come vessillo dell'immobilismo del suo tempo: la nostra Dublino è Genova.

Come selezionate gli autori da pubblicare? Vi basate sull'invio spontaneo di manoscritti o cercate anche di fare uno scouting più dinamico (cercate di contattare, ad esempio, autori incontrati on-line)?

Io sono uno di quelli che si legge i blog e le note di Facebook. Do molta importanza a questo lato, quello dello scouting "nascosto": proposte ne arrivano a bizzeffe, siamo fortunati, ma è successo che prima nascesse un progetto e poi si sorgesse l'esigenza di trovare gli interpreti adatti. In questi casi allora siamo stati noi a contattare gli autori: Guida alle Più Bastarde Vie del Mondo, Paura e Delirio a Genova, L'Artigiano Innamorato sono le tre esperienze alle quali mi riferisco. Si può dire che facciamo una specie di casting a insaputa degli artisti.

Che caratteristiche deve avere, per voi, un testo di qualità?

Questa è la domanda più semplice: sincero e cattivo, spietato (o verso qualcuno/qualcosa o verso se stessi) le due qualità che da direttore artistico sto cercando.


Consapevoli del fatto che stiamo parlando di piccola editoria e che siete di nascita molto recente, quanto vende in media un vostro titolo? Quando considerate un libro un successo (in termini economici)?

Dipende. Io ho venduto, tra La Vera Storia del Fegato di Bukowski e La Sindrome di Bob Dylan 2500 copie in meno di due anni. Uno dei nostri autori, Michele Lorefice, ha venduto del suo Il Cielo in rovina quasi 1000 copie in due mesi. Questi sono i due casi più eclatanti, ad oggi, comunque, con dieci titoli in collana abbiamo una media di 500/600 copie vendute a libro. Anche il successo economico è relativo: tornare nelle spese è una buona cosa, tornare nelle spese e trovare i soldi per finanziare un'altra opera è una bellissima cosa.

Siete già in grado di dare anticipi all'autore?

E' successo per un libro, L'Artigiano Innamorato, raccolta di racconti sull'artigianato ligure visto con occhio fantastico. In questo caso abbiamo pagato viaggi a tutti gli autori che ne hanno fatta richiesta perché potessero muoversi ed andare sul luogo in modo da poter vivere ciò di cui poi avrebbero scritto. Per i poeti e performer, poi, la promozione del proprio libro inizia solitamente qualche mese prima che la loro opera esca. In questi mesi noi troviamo loro locali, teatri e festival in cui esibirsi e il loro spostamento e l'eventuale pernottamento è sempre a nostro carico. In pratica gli anticipi sono viaggi pagati dalla casa editrice o, meglio, gli anticipi sono esperienze nuove.

Avete in mente di ampliare il vostro catalogo con nuove collane?

In questo momento abbiamo due collane, poesia e prosa, più la rivista Django. L'intenzione è quella di partire a breve con la saggistica, il fantasy ed un progetto fotografico al quale tengo molto. Diciamo che ci abbiamo preso gusto!

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Un pò di respiro - di aria frizzante - nel grigio dei nostri cieli, della nostra letteratura. Finalmente!

Grazie Emanuele,
buona Rivoluzione!

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