lunedì 28 febbraio 2011

Neri Pozza e i premi letterari

Riporto di seguito dal sito Neri Pozza la comunicazione ufficiale sulla politica della casa editrice nei confronti dei premi letteri. 
Mi pare un argomento interessante da sviscerare.







Neri Pozza non partecipa ai premi di narrativa italiana.

Questa comunicazione è rivolta innanzi tutto agli autori italiani, agli agenti di autori italiani e agli organizzatori dei premi letterari di narrativa italiana.

Neri Pozza rende noto che la casa editrice ha deciso di non partecipare, dal 2010 in poi, ad alcun premio letterario di narrativa italiana.
Le ragioni principali di questa scelta sono le seguenti:
1) non esiste in Italia alcun premio letterario nazionale, comparabile in qualche modo ai premi letterari internazionali, come il National Book Award, il Goncourt o il Booker Prize. I principali premi italiani non sono premi di «narrativa letteraria», dal momento che selezionano spesso tra le opere partecipanti romanzi polizieschi, thriller e storie di vita vera. Non sono nemmeno premi «nazionali», influenzati come sono da realtà editoriali e culturali locali;
2) le giurie dei principali premi italiani non sono composte da critici letterari, al corrente di sviluppi e tendenze della letteratura contemporanea, ma da accademici di altre discipline, personalità generiche e funzionari di gruppi editoriali;
3) la vittoria, nei premi letterari italiani piú importanti, è riservata da quasi mezzo secolo esclusivamente a due soli gruppi editoriali.

martedì 22 febbraio 2011

Intervista a Emanuele Podestà, di Habanero Edizioni

Per incentivare il discorso sulla distribuzione editoriale già intrapreso più volte qui su Blogolonelbuio, oggi inserisco una bella chiacchierata fatta con Emanuele Podestà, un giovanissimo scrittore che è tra i fondatori della casa editrice HabanerO, una piccola realtà indipendente che sta cercando, con un certo successo, di ritagliarsi il suo spazio nel mare magnum dell'editoria italiana. Emanuele ha risposto in maniera molto dettagliata alle domande, spiegandoci in particolare cos'è il progetto della PopProduzione.
 


Allora, per prima cosa vorrei che mi presentassi HabanerO, quando è nata, quali sono i suoi tratti distintivi, a chi si rivolge, insomma parlami in generale del progetto.

HabanerO è un progetto e con questo voglio da subito far capire che la nostra avventura editoriale è stata lucidamente e razionalmente pensato perché potesse essere innovativa, ma funzionale, rivoluzionaria, ma possibile. Non è una battaglia contro i mulini a vento, ma una sfida che vogliamo vincere. Il nome: Habanero Chocolate Pepper, piccoli peperoncini provenienti dallo Yucatan, molto colorati, molto, troppo piccanti. Il progetto HabanerO trova le sue premesse da tutto ciò: per quanto piccoli noi si possa essere, se saremo insieme, se saremo uniti, nessuno potrà mai pensare di mangiarsi un intero cesto di habanero. Siamo molto colorati:
pericolosissimi, sì, perché quasi mortali per la nostra piccantezza, difficilmente digeribili, scomodi, estremi. Un piatto di habanero dà un bel colpo d'occhio, è allegro, ma le insidie sono tante: in sintesi una forma accattivante, un contenuto pericoloso. HabanerO è una casa editrice indipendente e underground di base a Genova, coinvolge una redazione di 10 ragazzi e ragazze under 30, si occupa di promozione e produzione di autori che hanno qualcosa di forte da dire.

Vi occupate solo di esordienti o avete pubblicato anche autori già noti?

L'occhio di riguardo è per esordienti perché ci piaceva l'idea di aiutare chi potrebbe incontrare più difficoltà nella pubblicazione, ma ovviamente è capitato in questo primo anno di attività di pubblicare autori che si stanno ritagliando un loro spazio nel mondo della letteratura contemporanea: penso al poeta e performer Daniel Nevoso, autore già di un paio di libri per altre case editrici e prossimamente edito da HabanerO, poi a Marco Candida, uscito già per i tipi di Sironi e recentemente inserito nella raccolta Best European Fiction 2011. Poi c'è Anselmo Roveda, Bruno Cicchetti e tanti altri.

Che idea hai della situazione attuale dell'editoria italiana? E di quella della letteratura italiana?

Prima parliamo di letteratura italiana. Credo ci sia qualcosa che nonostante tutto, nonostante lo zdanovismo cortigiano di quella parte d'Italia che in un saggio bellissimo del professor Panarari viene definita Egemonia Sottoculturale, qualcosa bolle. Certamente la mediocre letteratura italiana si popola, ahinoi, di avvilenti opliti pronti a impantanare il discorso su livelli di basso sentimentalismo (soprattutto in prosa) o vecchio classicismo (soprattutto in poesia), ma qualche fuocherello di vitalità, sperimentalismo, passione può essere trovato. Sto parlando di Wu Ming e il New Italian Epic, Evangelisti, Nove, Lucarelli, Genna e Roberto Saviano. L'editoria, almeno una parte, si sta adeguando. Ci sono, anche qui nonostante tutto, tante buone case editrici che portano avanti un discorso di qualità applicato, giocoforza, al mercato.

Cosa pensate dell'editoria a pagamento?

Ne pensiamo ogni male. E' vero che l'editoria è, almeno in parte, da sempre stata a pagamento: Svevo, d'Annunzio e Moravia, ne cito solo alcuni, pagarono per essere pubblicati. Ma questa è una magra consolazione: il problema è che esistono troppe case editrici e troppe di queste pensano di poter vivere sui cosiddetti manoscrittari, illudendo e spezzando sogni. La grande balla è quella della difficoltà nel trovare fondi: un libro costa molto, è vero, ma noi, per esempio, per supplire a questa endemica mancanza (siamo quasi tutti studenti universitari e nessuno di noi è un mecenate) organizziamo eventi chiamati POPproduzioni in cui raccogliere fondi per i libri. Il male, poi, è radicato: soldi vengono chiesti per servizi di valutazione, ricerca casa editrice, iscrizioni a corsi truffa (vedi il mio "amico" Baricco. Per capire cosa io pensi di Baricco rimando al mio libro La Sindrome di Bob Dylan) e, persino, recensioni su blog che nessuno legge. A noi arriva in redazione una decina di richieste simili ogni settimana. Credono che se siamo piccoli saremo anche dei boccaloni. I peperoncini sono piccoli, ma sanno difendersi.

Quali sono stati i primi passi (anche burocratici) che avete mosso per mettere in piedi la casa editrice, e quale il motivo principale che vi ha spinto a realizzare un progetto tutto vostro?

In realtà il percorso è stato a ritroso: prima abbiamo pubblicato un libro, un mio libro, ovvero La Vera Storia del Fegato di Bukowski: un esperimento, pubblicazione clandestina senza codice isbn, distribuzione, ecc.. Ci siamo presi un bel rischio, abbiamo veramente sfidato la sorte, potevamo non venderne neanche uno. Un po' di spregiudicatezza e non curanza: memento audere semper. Poi, contro ogni aspettativa, è andata anche meglio di quanto avremmo potuto sperare: sono andato in tutte le librerie della Liguria, dalle grandi catene a quelle indipendenti, e tutte mi hanno preso, mi hanno esposto e mi hanno consigliato e poi venduto. Siamo riusciti a vendere 500 copie in meno di sei mesi. Fortuna del principiante o meno, era la scossa che ci ha spinto a mettere apposto tutti i particolari, anche quelli burocratici. Questo è stato possibile grazie alla collaborazione con Erga Edizioni, la più antica casa editrice di Genova che ci ha preso sotto la propria ala.


Parlami un po', in generale, della distribuzione editoriale italiana, cosa ne pensi e, eventualmente, come la rinnoveresti?

Io credo che le grandi case editrici hanno ingolfato il sistema. Troppi libri troppo spesso inutili fanno da tappo a una nascente e irrinunciabile nuova stagione della letteratura italiana. Qui parlo da scrittore: non si può chiedere ad un esordiente di vendere come un comico di Zelig o un calciatore, se si punta alle vendita la qualità rimarrà 99 su 100 una componente fortuita. Credo che qui debbano essere le piccole e medie case editrici a rompere il giogo dei soliti canali di distribuzione. Parlo da editore: HabanerO, nascendo come esperienza che si ispira ai promoter musicali del mondo indie, agisce da agenzia di tour booking facendo viaggiare il più possibile i propri autori e performer in modo che questi possano conoscere e interessare un buon numero di persone. In più, ormai da sei mesi, organizziamo noi stessi feste e festival in giro per l'Italia. Credo che le case editrici, quelle che hanno fame e voglia di spaccare tutto come noi, debbano essere disposte a "sporcarsi le mani" e tirarsi su le maniche.


HabanerO per la distribuzione si appoggia al canale Cda, se non sbaglio. Come siete entrati in contatto con questo canale? Avete anche una vostra rete indipendente? Cosa intendete, più in dettaglio, quando parlate di POPproduzione?

Cda è il nostro canale di distribuzione, a questo siamo arrivati grazie a Erga Edizioni. L'alternativa è la vendita nei nostri eventi e in tutti quegli esercizi che i distributori non raggiungono: caffè letterari, bar, ristoranti, negozi d'abbigliamento, una volta persino un sexy shop. POPproduzione è un'intuizione che ci è venuta qualche tempo fa: organizziamo un concerto o grosso evento, conteniamo le spese, la gente viene alla serata sapendo che quell'occasione è concepita come benefit al fine di produrre un libro e che quindi i fondi saranno girati per la produzione del libro. Il prezzo del biglietto è lo stesso del libro e quindi, tenendo il biglietto si riceve una volta editato (solitamente entro un mese) il libro che si è finanziato. In pratica con le POPproduzioni vendiamo in anteprima il libro, tutti sono editori, non chiediamo un centesimo all'autore e quando pubblichiamo abbiamo almeno 150/200 lettori già certi. Ad esempio, il 4 febbraio abbiamo organizzato una grande serata in uno dei maggiori teatri genovesi, il Teatro della Tosse (Sala La Claque) per produrre Saltare nelle Pozzanghere di Francesca Sophie Giona. Una bellissima serata giovane alla quale hanno partecipato 150 persone pagando 10 euro d'entrata. E' stato un vero e proprio successo.

Come gestite invece la promozione, siete autonomi, vi appoggiate a qualche canale già noto, o entrambe le cose? Vantate delle iniziative particolari in tal senso?

Una grande festa al mese, una media di 200 partecipanti, presentazioni di ogni libro (anche più di una), incontri (abbiamo portato o porteremo a Genova Luca Telese, Marco Damilano, Gianrico Carofiglio, Lorella Zanardo, Aldo Schiavone), bookshop durante concerti musicali. E' questo il nostro modo di promuoverci, tenere il territorio e dare una possibilità di esibirsi a tutti. E poi Django: Django è la nostra free press di diffusione poetica. Si dice che la poesia non si vende? Benissimo, noi la regaliamo: librerie, biblioteche, treni, negozi, bar, scuole, università, tutti hanno la loro copia di Django a Genova. Con una tiratura che entro fine anno dovrebbe arrivare a 10 mila copie, questo è lo strumento più efficace per parlare di noi, delle nostre proposte e dare spazio a chi vuole pubblicare gratuitamente i propri componimenti. Django ha poi l'onore di riportare interventi di Luca Borzani, presidente di Palazzo Ducale (la più importante cornice genovese) e del prof. Bruno Cicchetti, uno dei fondatori di HabanerO.


Avete mai pensato di collaborare con altri editori per aumentare la visibilità del vostro progetto (penso, tanto per citare un esempio, al modello «Beat edizioni», progetto in cui convergono tre editori di tutto rispetto come minimumfax, Neri Pozza e La Nuova Frontiera)?

E' una soluzione alla quale stiamo pensando, il problema è trovare realtà "positive" e propositive che non vogliano approfittarsi. Questo ci è riuscito con Erga Edizioni, instaurando un matrimonio che può solo durare. Finora abbiamo collaborato con promoter musicali e etichette discografiche. Ma come detto c'è la volontà di lavorare con case editrici serie: noi in dote portiamo freschezza, giovinezza, rivolta. Loro possono insegnarci tanto e questo per noi è importantissimo.

Parlami un po' del catalogo di HabanerO e, se vuoi, delle prossime uscite.
Due collane, una dedicata ai romanzi, Officina HabanerO, l'altra di poesia. Fanno parte della sezione romanzi anche le raccolte di autori che nel primo anno di vita ci sono servite tantissimo per raggiungere più gente possibile. In un anno abbiamo pubblicato 30 autori, il 60% di questi sono esordienti totali. HabanerO è la valvola di sfogo di una gioventù, quella genovese, che rischia giornalmente l'anestesia totale in una città troppo abituata al suo torpore e alla sua incoerenza per poter davvero sognare. Joyce scelse Dublino come vessillo dell'immobilismo del suo tempo: la nostra Dublino è Genova.

Come selezionate gli autori da pubblicare? Vi basate sull'invio spontaneo di manoscritti o cercate anche di fare uno scouting più dinamico (cercate di contattare, ad esempio, autori incontrati on-line)?

Io sono uno di quelli che si legge i blog e le note di Facebook. Do molta importanza a questo lato, quello dello scouting "nascosto": proposte ne arrivano a bizzeffe, siamo fortunati, ma è successo che prima nascesse un progetto e poi si sorgesse l'esigenza di trovare gli interpreti adatti. In questi casi allora siamo stati noi a contattare gli autori: Guida alle Più Bastarde Vie del Mondo, Paura e Delirio a Genova, L'Artigiano Innamorato sono le tre esperienze alle quali mi riferisco. Si può dire che facciamo una specie di casting a insaputa degli artisti.

Che caratteristiche deve avere, per voi, un testo di qualità?

Questa è la domanda più semplice: sincero e cattivo, spietato (o verso qualcuno/qualcosa o verso se stessi) le due qualità che da direttore artistico sto cercando.


Consapevoli del fatto che stiamo parlando di piccola editoria e che siete di nascita molto recente, quanto vende in media un vostro titolo? Quando considerate un libro un successo (in termini economici)?

Dipende. Io ho venduto, tra La Vera Storia del Fegato di Bukowski e La Sindrome di Bob Dylan 2500 copie in meno di due anni. Uno dei nostri autori, Michele Lorefice, ha venduto del suo Il Cielo in rovina quasi 1000 copie in due mesi. Questi sono i due casi più eclatanti, ad oggi, comunque, con dieci titoli in collana abbiamo una media di 500/600 copie vendute a libro. Anche il successo economico è relativo: tornare nelle spese è una buona cosa, tornare nelle spese e trovare i soldi per finanziare un'altra opera è una bellissima cosa.

Siete già in grado di dare anticipi all'autore?

E' successo per un libro, L'Artigiano Innamorato, raccolta di racconti sull'artigianato ligure visto con occhio fantastico. In questo caso abbiamo pagato viaggi a tutti gli autori che ne hanno fatta richiesta perché potessero muoversi ed andare sul luogo in modo da poter vivere ciò di cui poi avrebbero scritto. Per i poeti e performer, poi, la promozione del proprio libro inizia solitamente qualche mese prima che la loro opera esca. In questi mesi noi troviamo loro locali, teatri e festival in cui esibirsi e il loro spostamento e l'eventuale pernottamento è sempre a nostro carico. In pratica gli anticipi sono viaggi pagati dalla casa editrice o, meglio, gli anticipi sono esperienze nuove.

Avete in mente di ampliare il vostro catalogo con nuove collane?

In questo momento abbiamo due collane, poesia e prosa, più la rivista Django. L'intenzione è quella di partire a breve con la saggistica, il fantasy ed un progetto fotografico al quale tengo molto. Diciamo che ci abbiamo preso gusto!

venerdì 18 febbraio 2011

LibriBlog intervista Blogolonelbuio

Blogolonelbuio intervistato (qui) dagli amici di LibriBlog  (che ringrazio molto).

giovedì 10 febbraio 2011

La distribuzione editoriale

Dato che qui su Blogolo abbiamo parlato spesso delle difficoltà della distribuzione editoriale e molti addetti ai lavori hanno espresso la loro opinione in merito, mi faceva piacere oggi condividere questo post pubblicato dagli amici di Nazione Indiana (a cura di Enrico Piscitelli). Potete commentare direttamente sul loro blog cliccando qui.




di Enrico Piscitelli


[Mi piacerebbe che questo intervento sulla distribuzione fosse letto tenendo d'occhio questo intervento di Vincenzo Ostuni sulla qualità nell'editoria, ecc. a. i.]

Enrico Piscitelli

Qualche tempo fa, Andrea Inglese ha pubblicato su Alfabeta2 una mia piccola nota, sulla situazione attuale della narrativa italiana – non di major. Scrivevo, in quella nota: “la narrativa italiana ha un riscontro bassissimo. Al momento, il più basso degli ultimi anni. I librai prenotano pochissime copie dei libri di narrativa. Non si fidano. Sanno, o qualcuno ha detto loro, che venderanno solo un piccolissimo numero di romanzi italiani, e solo di alcuni autori. Qui stiamo parlando di numeri così bassi, che cinquecento copie vendute di un libro di una piccola casa editrice, sono un successo clamoroso, roba da brindare col prosecco”.
Questa nota è stata ripubblicata da molti. Per esempio da Loredana Lipperini, nel suo blog. Lì, nei commenti, Federico Guglielmi (Wu Ming 4), scrive: “quanto all’intervento di cui sopra, non mi sembra (più) vero che nessuno scrive questa verità. Forse non è sbandierata a titoli cubitali sui giornali, ma in realtà è risaputa e sotto gli occhi di tutti”. Ma, soprattutto, Guglielmi si chiede cosa fare e come agire. Domande impegnative, e importanti. Senza dubbio.
Nicola Lagioia, invece, sempre negli stessi commenti, scrive: “tra le altre cose, lavoro da anni come editor in una piccola casa editrice, e cioè minimum fax e – dati alla mano – i numeri non sono quelli di Piscitelli. Quando vendiamo 500 copie di un esordiente, non brindiamo a champagne e nemmeno a prosecco, ci chiediamo in cosa abbiamo sbagliato, visto che nel libro mandato in libreria credevamo tutti”. Ma Minimum fax è, davvero, una piccola casa editrice? Spulciando il suo catalogo, si può vedere che ha pubblicato nel 2010 quarantatré titoli, in dieci collane. Quella di narrativa italiana, però, Nichel – diretta da Lagioia – pubblica solo sei libri all’anno. Sei libri su quarantatré. Dovrebbe far riflettere anche questo, secondo me.
Anche Mauro Baldrati ha ripreso il mio pezzo, su Nazione indiana: “come uscire dal Grande Terrore?”, scrive Mauro, “non facciamoci illusioni. Noi, e i nostri figli, non rivedremo le grandi pianure d’Africa di nuovo popolate di elefanti, leoni, rinoceronti e gazzelle che vivono in armonia con l’ambiente. Forse però continueremo a vederli nelle riserve e nei parchi naturali. Il Grande Terrore può causare l’estinzione della letteratura”. Baldrati invita a ragionare sui meccanismi della distribuzione, e prende come esempio Senzapatria, editore che si è inventato una modalità nuova di vendere i suoi libri.
Ecco, ha ragione Baldrati: è davvero il caso di esaminare questi meccanismi. O di provarci, almeno.
Il mercato del libro in Italia vede sempre più il predominio di posizioni consolidate e dominanti. I principali attori sono presenti in tutta la filiera. Ovvero, fanno tutto: sono editori, stampatori, distribuori, promotori, librai. Prendiamo, per esempio, il gruppo Mondadori, l’azienda più grande nel settore editoriale. Mondadori possiede i marchi Mondadori, Einaudi, Sperling & Kupfer, Electa, Piemme, Harmony, EL, Frassinelli. Come distributore opera la Distribuzione Libri Mondadori, che distribuisce, oltre ai libri delle case editrici del gruppo, altri editori di primo piano come Rai-Eri, e Baldini Castoldi Dalai. Per la vendita diretta esistono nove Mondadori Multicenter (megastore), e 16 librerie Mondadori, di proprietà del gruppo, oltre a centinaia di punti vendita in franchising. Il gruppo Mondadori ha anche un suo sito di vendita on-line di libri e prodotti media, BookOnLine (BOL). A tutto questo, vanno aggiunti Mondolibri-Club degli Editori (di cui fanno parte, fra gli altri: Ok Musica, Junior Club, e Euroclub) e Piemme direct, che operano nelle vendite per corrispondenza tramite catalogo.
Mondadori, insomma, è in grado di riempire un’intera libreria. Anche con buoni libri, fra l’altro – basti pensare al catalogo Einaudi.
Ora, immaginiamo di voler creare una casa editrice. Secondo NielsenBookScan, nel 2009 l’on-line aveva una quota di mercato del 3,5 percento. Questo vuol dire che tutti gli altri libri – il 96,5 percento – si vendono ancora attraverso i canali di vendita “tradizionali”: librerie, di catena e indipendenti, edicole, grande distribuzione organizzata. E arrivare in libreria è difficile. Servono un distributore e un promotore. Il primo è quello che ha, fisicamente, gli scatoloni con i libri della nostra, ipotetica, nuova casa editrice. Il secondo, il promotore, convincerà il libraio a prendere – e si spera: vendere – i nostri libri. In alcuni casi i due ruoli coincidono, e alcuni distributori hanno anche una propria rete di agenti librari.
Per esempio, sul sito di Dehoniana Libri – un distributore meno noto di Messaggerie, Cda, Pde o Nda, ma anche parecchio efficiente – si legge: “la promozione degli editori rappresentati avviene attraverso una propria rete costituita da 18 agenti, coordinati da un Responsabile della rete promozionale coadiuvato da due Capi area (Nord e Centro/Sud). Secondo un calendario prestabilito nel corso dell’anno, sono previste visite periodiche alle librerie per la presentazione delle novità annunciate dall’Editore, delle strenne, delle riproposte di catalogo e delle iniziative promozionali concordate, quali, ad esempio, campagne ad hoc su particolari tematiche, collane, autori o altro”.
Distributore e promotore hanno un ruolo fondamentale. Un editore con cui collaboro, parlando del suo distributore, dice sempre “il mio socio di maggioranza”. Questo perché, per fare il suo mestiere, il distributore prende una grossa fetta del prezzo di copertina. Spesso, però, lo fa male, questo mestiere. Non propone i libri, non ha agenti, si limita a inviare qualche lista, qualche file excel, e a mandare poi i titoli su richiesta del libraio – nel peggiore dei casi: in ritardo, o dopo molti solleciti.
Oltretutto – oltre alla percentuale sul prezzo di vendita – il distributore reclama diverse condizioni, per accettare un editore nella sua squadra. Un certo numero di titoli all’anno, per esempio. O un nome di grido. Vorrà insomma partecipare alla programmazione editoriale della casa editrice. Spesso, senza conoscere davvero gli autori e i libri.
È un bel problema: senza distributore, una casa editrice dovrà piazzare i suoi libri direttamente, libreria per libreria, o venderli on-line, dal proprio sito. Con un distributore, invece, la parte propriamente commerciale dovrebbe essere coperta.
Ma ci sono soluzioni alternative alla distibuzione canonica?
Mi aveva incuriosito un’intervista di Andrea Cortellessa a Nanni Balestrini. Balestrini parlava di Area: “verso il 1976-77, poi, inventammo Area: una federazione di una dozzina di piccole iniziative editoriali come la Cooperativa scrittori, l’Erba voglio, Aut Aut, eccetera (molte erano espressione di aree politiche, appunto), che messe assieme componevano un’entità di medie proporzioni, con una buona distribuzione e ottimi risultati commerciali”.
Incuriosito, assai, ho cercato notizie in Rete, su Area. Ma ho trovato solo qualche informazione nell’Archivio Primo Moroni: “ chiudemmo anche la Cooperativa Area che rappresentava il più organico tentativo di creare una struttura editoriale produttiva che avesse la forza di confrontarsi con i grandi organismi di distribuzione editoriale che, com’è noto, sono da sempre uno dei nodi strategici della diffusione della cultura in Italia. Nell’Area avevamo riunito sotto un unica sigla editoriale una decina di case editrici autogestite (Squi/libri, Librirossi, Edizioni del No, Coop Scrittori, Edizioni delle Donne, Lavoro Liberato, ecc.) che, complessivamente, pubblicavano un numero di titoli sufficienti da permetterci l’accesso alle Messaggerie Italiane che era e rimane l’organismo distributivo più importante del panorama editoriale italiano” (Primo Moroni).
Insomma, cos’era Area? Io l’ho chiesto direttamente a Nanni Balestrini. Area – mi ha detto – era una struttura comune, una redazione unica, una alleanza di fatto fra un buon numero di case editrici vicine al Movimento [Nanni, quando gli ho chiesto di Area, l'ha usata spesso, questa parola: Movimento]. L’intento era dividere le spese, e fare blocco nei confronti dei distributori, delle tipografie, delle librerie. Fu chiusa nel 1978, dopo perquisizioni, e minacce niente affatto velate. Quei libri lì, pubblicati dai soci di Area, davano fasrtidio. Da quell’esperienza, nacque Alfabeta.
Un’idea semplice e, allo stesso tempo, rivoluzionaria. Della quale non v’è più traccia. Pare esista una tesi di laurea, sui due anni di vita di Area, e nulla più, a parte i ricordi di chi c’era.
E oggi, esistono idee “diverse”? Quali sono? La risposta è sì. Tra mille difficolta: sì. Ne cito tre, diverse fra loro.
Produzioni dal basso sfrutta le potenzialità della Rete. Funziona così: chiunque lo voglia, può proporre un progetto. La Rete, gli iscritti al sito, possono sottoscrivere il progetto e pagarne una quota. Con questo sistema è stato finanziato, fra gli altri, il documentario Una montagna di balle, sull’emergenza rifiuti in Campania. 506 persone hanno prenotato una copia del DVD, pagando quasi sei euro a testa. Anche alcuni libri sono stati finanziati e prevenduti – e quindi: distribuiti – con questo sistema. Saltando quindi gli intermediari – editori inclusi. [Si veda anche questa intervista apparsa su NI.]
Un altra idea: Murene di Nazione indiana. Murene è una collana che propone testi di  poesia, saggistica e narrativa. Un comitato di redazione sceglie i titoli. I libri sono autoprodotti e acquistati per abbonamento – tre libri l’anno per 20 euro. Sul sito di Nazione indiana si legge: “abbiamo calcolato che 200 abbonamenti dovrebbero permetterci di andare in pari con le spese vive della produzione (le uniche che abbiamo deciso di tenere in conto): impaginazione, stampa, spedizione e spese di gestione del sistema PayPal”. Un altro modo, insomma, di saltare a piè pari distribuzione e librerie. [Per una riflessione sull'autoproduzione e Murene.]
Ultima idea: Senzapatria, ovvero la casa editrice di cui parla Baldrati, nel suo pezzo. Anche qui, incuriosito, ho chiesto direttamente all’editore, Carlo Cannella. Mi ha detto, Carlo, che i libri di Senzapatria, sono venduti negli Automatic Free Shop, ovvero quei negozietti pieni di ditributori automatici tutti arancioni, che vendono merendine, bevande, gelati, aperti ventiquattro ore su ventiquattro. E libri, ora, anche. Ma la rivoluzione, in questo, è soprattutto nel fatto che gli associati ad Automatic Free Shop acquistano i libri di Senzapatria. Non possono renderli, come invece possono fare le librerie. I libri, insomma, sono trattati come ogni altro bene di consumo.
Anche questa è un’ottima idea.

sabato 5 febbraio 2011

Prima di Adamo - Jack London

In attesa di inaugurare la nuova sezione Recensioni riporto qui di seguito la presentazione di Prima di Adamo di Jack London, romanzo scritto nei primi anni del novecento e riproposto di recente da Leone Editore.



Attraverso una sorta di transfert onirico il protagonista si rivede bambino in una terra sconosciuta, abitata da popoli cavernicoli, nel bel mezzo del Medio Pleistocene. Inizia, così, per lui un viaggio misterioso e affascinante, a tratti crudele e spietato, dove incontrerà il Popolo degli Alberi e al fianco del suo inseparabile amico, Orecchio Pendente, dovrà coraggiosamente difendersi dalle insidie del truce e violento Occhio Rosso. Un vagabondaggio in terre sconosciute e inospitali, la scoperta dell’amore e della lotta per la sopravvivenza, la fuga e lo sterminio ad opera del più evoluto Popolo del Fuoco, l’approdo finalmente in una terra sicura. Fantasia preistorica limpida e inquietante, Prima di Adamo presenta tutte le tematiche più care a London assieme a forti suggestioni darwiniane. Una sorta di romanzo distopico proiettato nel passato, ma con un occhio rivolto alle distorsioni e alle ingiustizie del presente. Di ogni presente.
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