martedì 13 luglio 2010

SulRomanzo intervista Blogolonelbuio

Qui un'intervista fatta a me dagli amici di SulRomanzo (a cura di Morgan Palmas).





I blog letterari più attivi: Blogolo Nel Buio

Di Morgan Palmas


Blogolo Nel Buio: un anonimo irrompe nella scena con un lit blog che cresce negli apprezzamenti

Quando è nato Blogolo Nel Buio e chi è il fondatore?

Blogolonelbuio è nato nel maggio 2010, per cui è di nascita molto recente. Devo dire però che fin da subito un gran numero di amici lettori ha iniziato a seguirlo con interesse e nel giro di poche settimane il blog è cresciuto in una maniera del tutto inaspettata. Un risultato decisamente incoraggiante.
Il fondatore sono io, un «quasi vecchietto» che da anni collabora con case editrici e redazioni giornalistiche. Da un po' di tempo mi ero accorto che mi sfuggiva il contatto diretto con il popolo dei lettori e Blogolonelbuio si sta rivelando (tra gli altri) uno strumento decisamente efficace per colmare questa mancanza, questo contatto. L'anonimato è una componente essenziale del blog, poiché in questo modo riesco ogni volta a strutturare un confronto aperto e alla pari con gli amici, anche quelli più timidi, che mi seguono evitando il disagio che a volte i palazzi dell'editoria creano.

Quanti sono i redattori oggi, se si escludono i contributi occasionali?

In linea di massima si tratta, almeno per il momento, di un blog «personale» o quasi. C'è un tecnico che ne cura la grafica e poi ci sono io che inserisco i contenuti. Ci sono inoltre alcuni amici editor e/o scrittori che si sono sobbarcati l'onere di occuparsi (forse ancora per poco) della valutazione dei manoscritti inediti che quotidianamente vengono spediti (e di restituire anche una scheda con dei consigli, chiaramente soggettivi), io ero contrario a questa sezione (non per cattiveria ma per mancanza di tempo) e ora che li osservo mentre si ammazzano di lavoro per rispondere a tutti, devo ammettere che mi faccio grasse risate. Si tratta di un lavoro davvero pesante, ma loro sono bravissimi. I contributi arrivano da parte di tutta una comunità di amici scrittori, intellettuali, editori, editor, ecc. e alcuni seguono il blog con una certa frequenza (e questo non nego che mi lusinga molto). In un modo o nell'altro hanno lasciato o continuano a lasciare contribuiti scrittori come Tiziano Scarpa, Raul Montanari, Barbara Garlaschelli, Giuseppe Genna e tanti altri, o editori ed editor come Alberto Ibba, Cristiano Armati, Giorgio Pozzi e persino qualche agente letterario come Valentina Balzarotti dell'A.L.I. (Agenzia Letteraria Internazionale) e Loredana Rotundo (dell'agenzia letteraria Loredana Rotundo, ex ARR). Insomma, intorno a Blogolo c'è fermento e questo mi piace...

Da che cosa è scaturita l’idea del blog?

Una risposta ad effetto potrebbe essere: dalla noia. E non direi una bugia. In realtà credo che mi mancasse anche il contatto diretto con l'underground della letteratura italiana. Insomma, a furia di leggere racconti e romanzi usuali spacciati per capolavori avevo come l'impressione che il mio gusto letterario si stesse intorpidendo, non so se riesco a spiegarmi, per cui ho deciso di mettermi in cerca di qualcosa di nuovo, da valorizzare. Mi sono messo in testa di cercare racconti di autori incontrati on line in grado di regalarmi qualche emozione in più. Poi l'incontro fortuito con la persona che ora gestisce la parte tecnica di Blogolonelbuio ha fatto il resto. È venuto tutto da sé. 

Quali sono gli obiettivi?

In linea di massima (e per il momento) sono due:
• Selezionare racconti da pubblicare: questa è una parte piuttosto difficile poiché, com'è noto, arriva tanto materiale e trovare buone storie sommerse in un mare di cattive storie è un lavoro lungo che necessita di tanta pazienza. Il pro è che se questo lavoro è fatto bene è possibile creare una vetrina importante in grado di mettere in contatto diretto «scrittori veri» con «editori veri» creando quindi un vero e proprio ponte virtuale che potrebbe anche, chissà, rendere più dinamica la letteratura italiana.
• Chiacchierare con gli addetti ai lavori e «costringerli» a dare qualche dritta a chi sta muovendo i primi passi (neo-scrittore o neo-editore che sia). E magari anche a raccontare le loro prime esperienze editoriali, in modo da dare almeno degli esempi concreti ai lettori.

Crede che i blog letterari siano semplice condivisione culturale oppure possano anche avere altre funzioni?

Dipende molto da come sono gestiti. In linea di massima, non solo i blog ma tutto ciò che rientra nel campo della comunicazione virtuale, è a mio avviso non solo un utile strumento di condivisione culturale ma anche un supporto nuovo e importante per incentivare l'aggregazione sociale. I circoli dei lettori così come i centri sociali spesso hanno anche una casa on line, un blog, un sito, una pagina o un profilo Facebook ecc. È evidente che internet in generale non è solo un'immensa enciclopedia digitale ma è soprattutto una geniale invenzione in grado di annullare (o far pesare meno) la distanza fisica tra le persone di tutto il mondo. Se questo è vero, ed è vero, allora definire un blog letterario (dato che parliamo di blog letterari) un semplice strumento di condivisione culturale mi sembra che stia un po' stretto. Un blog letterario è come una casa, un appartamento, un bar, una sede di una città senza spazio. Dentro ad una sede può succedere di tutto. Un blog letterario può trasformarsi, che ne so, in una collettività di artisti in grado di aprire una nuova corrente letteraria, o magari in una vera e propria casa editrice in grado far conoscere autori straordinari sconosciuti prima. Il potenziale è infinito poiché è infinito il potenziale dell'uomo che si confronta con gli altri.

E pensa più a isole lontane fra loro o a contenitori che si integrano e si scrutano con piacere, stimolandosi a vicenda?

Ritorno a dire che dipende sempre da come questi blog sono gestiti. Mi piace l'idea del blog come «casa». Dunque qualcuno può star rinchiuso tutto il tempo dentro casa a non far nulla o a farsi gli affari suoi, qualcun altro può uscire e andare a casa dei vicini, degli amici, in un locale, organizzare qualcosa, ospitare gente. Di sicuro è auspicabile che i blog, così come a mio avviso le persone in generale, interagiscano e si stimolino a vicenda, sempre, poiché questo è il sintomo di una civiltà sana e in pieno sviluppo. Se così non è si inizia a decadere, ma questo è solo il mio punto di vista. 

Gli addetti ai lavori (case editrici, scrittori, agenti letterari, critici, ecc) si sono riversati in massa nei mondi virtuali, incluse le piazze dei social network, uno fra tutti Facebook, qual è la sua opinione in merito? La letteratura ha beneficiato di questa democratizzazione dei contenuti e delle comunicazioni?

Non tutti, almeno per ora, si sono aperti fino in fondo al mondo virtuale, ma di sicuro ultimamente c'è stato un grossissimo passo in avanti ed è fuor di dubbio che la letteratura ne stia beneficiando molto. Credo però che questo discorso di apertura sia valido in special modo per i piccoli e medi editori, i quali prestano maggiore attenzione alla ricerca dei nuovi autori e riescono a volte, grazie ad esempio ad un contatto nato da Facebook, a convincere qualche autore affermato a pubblicare con loro. Paradossalmente la grande editoria utilizza i social network solo come vetrina per incrementare le proprie vendite (a volte capita, grazie al lavoro di qualche editor lungimirante, che si faccia lavoro di ricerca sui lit-blog e sulle webzine, ma difficilmente i grandi editori investono su di uno scrittore incontrato on line, o comunque sono in pochi a farlo e fino ad un certo punto), quindi anche con i profili Facebook, tanto per ritornare all'esempio di prima, non fanno altro che riempire le caselle di posta elettronica di spam. La loro (spesso ma non sempre) è una comunicazione unilaterale, per cui il potenziale della rete in parte si spreca. Ma le cose stanno migliorando, per cui sono ottimista.

Escluso il suo blog e Sul Romanzo, indipendentemente dalle idee e se non altro per una questione di possibile discutibile autoreferenzialità, qual è il blog letterario che segue con più interesse?

Ce ne sono molti e l'interesse verso i blog varia di giorno in giorno, a seconda dei post che questi blog pubblicano, ne seguo circa una trentina. In Italia, oltre ai lit-blog più noti (Nazione Indiana, Vibrisse, Lipperatura, ecc) che è sempre bene sbirciare (anche se ultimamente vanno un po' a rilento), il mio interesse si rivolge spesso verso i blog che considero amici. Solo per fare qualche nome: Le sorelle sciacallo, di Nicoletta Vallorani; il blog di Barbara Garlaschelli; quello di Remo Bassini; quello di Cristiano Armati, Le parole necessarie di Davide Musso e tantissimi altri ancora che non cito solo per ragioni di tempo e di spazio.

sabato 10 luglio 2010

Chi vuol scrivere un racconto da pubblicare su questa raccolta?

Da una mail ricevuta:
 
 
Gentile redazione,
Ho letto il vostro blog e lo trovo molto interessante. Mi piacerebbe segnalarvi questa iniziativa. Stiamo ricercando un autore da pubblicare all’interno di una raccolta, magari può essere d’interesse per voi e per i vostri lettori.

Grazie per l’attenzione
Francesca
 

 
Racconto in cerca di autore
Il libro “Armonico - Dodici storie in dodici canzoni “, nasce dall’omonimo album “ARMONICO” di LUCA LEONI, eclettico cantautore pugliese.
L’invito agli autori del web è di reinterpretare in forma di racconto il suo nuovo singolo Mi Sono Accorto Che, disponibile in streaming sul sito www.lucaleoni.it . Un'originale iniziativa di scouting che permetterà all'autore scelto di essere pubblicato all'interno di una raccolta per la casa editrice Aereostella.

In una canzone ci sono un milione di pensieri e di storie rinchiuse in gabbie chiamate metrica, melodia, note, rime,ritornelli, durate imposte…
Il progetto vuole dare la possibilità ad ogni canzone dell’album di divenire fonte d’ispirazione per un nuovo racconto.

Come abbiamo fatto?

L’idea è stata raccontata ad alcuni amici scrittori (tra i quali Trio Medusa, Nicolai Lilin, Paolo Grugni, Elena Di Cioccio, Elisa Mauro, Angelo Pannofino, Alessandra Carnevali ed altri) e lasciato loro un brano di Armonico come unica fonte d’ispirazione.
La risposta è stata sorprendente e in pochi giorni ogni canzone aveva il proprio racconto. Tutte tranne una … mi sono accorto che.

Cosa chiediamo?

Chiediamo al web, ai blogger, agli autori in cerca di pubblicazione, a chi ha voglia di raccontare una storia di scrivere l’ultimo racconto per il progetto Armonico.
Ascoltate il brano mi sono accorto che (In streaming su lucaleoni.it ), lasciatevi guidare da ciò che attira la vostra attenzione (il testo, la storia o semplicemente dal mondo sonoro) e scrivere un piccolo racconto.

Non è un concorso ma solo la ricerca di un tassello mancante, Luca leggerà personalmente tutti gli scritti che arriveranno cercando di scegliere ciò che più si avvicina all’idea d’insieme che ha portato a realizzare il progetto Armonico.
Il libro “Armonico - Dodici storie in dodici canzoni “ sarà disponibile dal 18 novembre 2010 in tutte le librerie.
I racconti devono avere una lunghezza tra le 7 e 11 cartelle ed essere consegnati via mail a armonico@lucaleoni.it
entro la prima settimana di agosto.


N.B.
Tutti i diritti degli autori del Libro Armonico saranno devoluti all’associazione Altamarea che da anni combatte per comunicare i danni che le industrie di Taranto stanno causando alle persone ed in particolare ai bambini (La sola acciaieria di Taranto immette nel cielo più diossine cancerogene di tutte le industrie di : Spagna,Svezia,Regno Unito e Austria -- Registro europeo Eper 2004 )

giovedì 8 luglio 2010

Racconto: Un tappo nelle nuvole - di Cynthia Collu

Oggi pubblico un racconto di Cynthia Collu dal titolo Un tappo nelle nuvole. E' la storia del piccolo Tommaso e della sua solitudine, ma non solo. E' una storia fatta di depressione, frustrazione, infelicità. Cynthia ha una scrittura elegante, al tempo stesso semplice e in grado di commuovere. C'è poco da aggiungere: leggere la sua prosa fluida è un vero piacere. Buona lettura!





Un tappo nelle nuvole

di Cynthia Collu


Tommaso si stava annoiando. Il sole era già alto e lui cominciava ad aver fame. Quanto ci mettevano, questa volta?
Si ficcò le mani nei pantaloncini da bagno ed esaminò il castello di sabbia davanti a sé. Aveva retto bene durante la notte, solo la merlatura della torre era crollata. Ci cacciò dentro un piede e poi lo sollevò di forza. La torre franò all’istante e i contrafforti del castello caddero miseramente. Tommaso prese un legno e con quello finì di abbattere la costruzione, poi livellò per bene la sabbia; infine si lasciò cadere a terra supino. Allargò le braccia e le ruotò come se stesse nuotando a dorso. Una nube di minuscoli granelli riempì l’aria pungendogli il viso.
Si alzò per esaminare la figura che aveva disegnato per terra. L’angelo non gli era riuscito bene, la testa e il corpo erano troppo esili e un’ala, quella destra, era più piccola, come rattrappita. Tommaso si grattò un gomito poi, con un sospiro, si lasciò cadere di nuovo all’indietro.
Restò immobile a fissare il cielo. Era terso e luminoso come il mare che aveva davanti - solo due nuvole solitarie lo attraversavano. Tommaso seguì con lo sguardo la più lontana. Sembrava promettere bene. Cambiava aspetto con una lentezza esasperante, ma lui non aveva fretta, finché le persiane della sua camera non si fossero aperte aveva tutto il tempo che voleva.
La nuvola era di forma ovale; al centro, uno sprazzo di cielo azzurro premeva per guadagnare spazio. Tommaso socchiuse gli occhi e aspettò. Lentamente la macchia azzurra aumentò di volume, e la nuvola assunse l’aspetto di un cerchio concentrico. Certo, non era un anello perfetto come quelli che formava suo padre col fumo delle sigarette, ma per lui andava bene ugualmente.
Prese dalla tasca una pistola immaginaria e mirò il buco. “Pum!”, sussurrò. “Pum, pum!”
Ripose la pistola nella tasca e aspettò.
La nuvola non si scompose. Tommaso chiuse gli occhi e si figurò di avere tra le mani un tappo immenso. Con quello avrebbe tappato il buco nella nuvola, e la macchia azzurra sarebbe finalmente scomparsa. Certo, se ci fosse stato lì suo padre non avrebbe avuto bisogno del tappo, suo padre era un gran tiratore, avrebbe sparato diritto nel cuore della nuvola, e l’avrebbe dissolta.
Tommaso sbuffò. Si voltò sul ventre per guardare la casa. Le persiane della sua cameretta erano sempre serrate. Per un po’ le osservò cercando di spalancarle con la forza dello sguardo, poi, con un gesto di stizza, tornò a fissare il cielo.
Una volta suo padre aveva estratto la pistola davanti a lui. Con la sigaretta aveva formato un anello di fumo – un cerchio quasi perfetto che si muoveva pigramente verso Tommaso - poi aveva mirato al cuore dell’anello. “Pum!”, aveva esclamato, e ridendo aveva riposto la pistola nella fondina. Tommaso c’era rimasto male. Aveva sperato che suo padre sparasse, spesso gli sentiva dire che aveva una mira infallibile, che durante una rapina alla banca aveva estratto la pistola e con un colpo solo aveva centrato la gamba del criminale in fuga.
Mise la mano al fianco e accarezzò la pistola, indeciso se provarla ancora contro la nuvola. In quel mentre un rumore lo fece voltare: le imposte della sua camera, con un colpo secco, erano state aperte.
Si alzò e attese. Poco dopo un uomo apparve sulla soglia di casa; era di corporatura minuta, aveva i capelli radi e lo stomaco prominente. Scorse Tommaso e gli fece un cenno di saluto. Tommaso rimase immobile. L’uomo mise una mano in tasca e tirò fuori un pacchetto di sigarette. Ne accese una e fece uno sbuffo di fumo.
Pum, pensò Tommaso.
Ehi, piccolo, vieni qua!” Tommaso esitò. “Vieni, dai, di che hai paura?“
Tommaso mise un braccio dietro la schiena e si grattò adagio una scapola. Sporse in fuori il ventre e si dondolò sui talloni, in attesa che l’altro rinunciasse a parlargli e se ne andasse.
Come ti chiami?” continuò l’uomo. Tommaso rifletté se era il caso di dirglielo. Con gli altri non gli era mai capitato di dover intrattenere una conversazione.
Tommaso”, disse alla fine.
Dai, Tommaso, vieni qui che ho una cosa per te.”
Tommaso pensò che se lo accontentava se ne sarebbe andato via prima. Gli si avvicinò tenendo sempre il ventre ben teso per dimostrargli che non aveva paura di lui.
Da vicino l’uomo era meno antipatico. Gli occhi azzurri sorridevano cordiali, e la faccia piena di rughe era più interessante di una carta geografica. Tommaso alzò il viso, guardandolo dritto negli occhi. L’uomo scoppiò a ridere.
Tieni, ometto”, disse. Mise una mano in tasca e ne tirò fuori un lecca-lecca gigante a forma di Gatto Silvestro. Tommaso spalancò gli occhi. “Si può mangiare?”, chiese. L’uomo rise ancora. “Si può mangiare tutto. Baffi compresi.”
Finì di fumare e spense la sigaretta sotto i piedi. “Ciao, piccoletto”, disse, “spero di vederti ancora.” Gli strizzò l’occhio e si avviò verso la macchina parcheggiata poco lontano. Era una vettura sportiva, in vernice metallizzata color argento. Tommaso ascoltò il rombo del motore che si avviava, poi osservò l’automobile fare retromarcia e immettersi nello svincolo davanti a casa. La seguì ancora con gli occhi finché non la vide sparire dietro a una curva. Ficcò in tasca Gatto Silvestro ed entrò in casa.
Passò velocemente davanti alla camera matrimoniale. A lui non sarebbe piaciuto dormire in quella stanza; dalla grande finestra si vedevano la macchia mediterranea estendersi a perdita d’occhio e, in lontananza, le montagne con le rocce a forma di scultura. A lui non piacevano le montagne, né le rocce dalla forma inquietante. La sua camera invece dava sulla spiaggia. A lui piaceva addormentarsi con il mare accanto. Anche sua madre voleva stare lì quando doveva incontrarsi con gli uomini. Una volta gli aveva detto che da quella finestra poteva vederlo e segnalargli il momento del rientro ma Tommaso era convinto che anche lei preferisse stare lì per il mare.
La porta del bagno era aperta. La madre si stava rivestendo e gli dava le spalle. Tommaso vide che aveva una calza smagliata, e per un attimo pensò di dirglielo. Poi si allontanò silenziosamente ed entrò nella propria stanza.
Il letto era sfatto, le lenzuola giacevano in parte a terra, in parte ammucchiate accanto al cuscino. Tommaso si avvicinò, considerandole assorto per qualche minuto, poi allungò una mano.
Che fai? Non toccare!”
La madre era sulla soglia e lo fissava con disgusto.
Invece di star lì come uno scimunito vieni in cucina a darmi una mano! O forse non hai fame?”
Tommaso alzò gli occhi, trasognato, e per un attimo sembrò considerare anche lei come parte dell’arredo. “Ho tantissima fame, mamma”, disse infine.
Allora fila subito in cucina”, ribatté la madre.
Si voltò per uscire ma poi cambiò idea. “Il letto te lo sistemo dopo”, disse in fretta.
Alla parola letto il suo tono era cambiato, c’era stato un singulto, quasi un intoppo della lingua, poi la voce si era ammorbidita. Ma a Tommaso non era sfuggito l’inizio di balbuzie.
Non m’importa”, le rispose. Voleva dirle che a lui non interessava il letto disfatto e la camera in disordine, che tutto andava bene lo stesso, ma la madre fraintese. “Che vuol dire che non t’importa? E invece ti deve importare, devi tenerci all’ordine. Hai sei anni, ormai!”
Si guardò nervosamente in giro poi, dopo un’ultima occhiata alle lenzuola, si allontanò in fretta. Tommaso le trotterellò dietro. Fissava la calza smagliata, indeciso ancora una volta se avvertire la madre. Lei ci teneva moltissimo ad essere in ordine, ma dopo l’accenno di balbuzie Tommaso temeva la sua reazione. Ogni volta che gli uomini lasciavano la casa diventava nervosa, poi, d’un tratto, iniziava a balbettare. Sembrava che la balbuzie le procurasse molta sofferenza, perché improvvisamente diventava cattiva, diceva cose terribili il cui senso in gran parte sfuggiva a Tommaso, ma che lo lasciavano sempre pieno di vergogna.
In cucina aprì il cassetto della credenza e osservò le posate, riflettendo su quante ne doveva prendere. Prima c’era stato quell’uomo, quindi era probabile che il padre non venisse a pranzo; ma la madre non aveva accennato niente al riguardo. Alla fine si risolse a tirare fuori tre forchette e tre coltelli. Li appoggiò sul tavolo, salì su una sedia, aprì lo sportello della credenza e ne estrasse tre piatti, e con quelli tra le mani scese, prestando attenzione a non cadere.
La madre gli gettò un’occhiata di sfuggita.
Oggi tuo padre non viene a pranzo”, disse. Gli tolse dalle mani un piatto e lo ripose nella credenza. Poi prese forchetta e coltello e velocemente li fece sparire in fondo al cassetto.
Tommaso non replicò. Sperava solo che lei non iniziasse a balbettare.
La madre si fissò la gonna sgualcita e con un gesto nervoso ci passò sopra le mani. Poi si rassettò la maglietta. Mentre si dava un colpetto veloce sui seni arrossì.
Oggi ti preparo le patatine fritte”, disse senza guardare il figlio, “sei contento?”
Lo sguardo finalmente si fermò su di lui, come a chiederne l’approvazione.


Tommaso guardò il cielo. Il sole stava per nascondersi dietro le montagne e presto sarebbe diventato buio. Diede l’ultimo colpo di paletta al castello e si sollevò, esaminando con circospezione la torre. Sembrava solida, avrebbe retto bene durante la notte.
Tese un piede e ne saggiò la resistenza. Sì, poteva andare. Con un sospiro piantò il manico della paletta davanti all’entrata del suo maniero. Sarebbe stata un ottimo baluardo contro gli attacchi del nemico.
Era proprio un bel castello, le finestre della prigione erano costruite con rametti di ginepro, e dieci ossa di seppia correvano lungo la base delle mura, rafforzandole. Tommaso gonfiò il petto. Avrebbe mostrato il suo lavoro al padre, che sarebbe stato orgoglioso di lui.
Prese il secchiello e si avviò verso casa. In quel mentre si accorse che la madre era affacciata alla finestra e che lo stava fissando. Si fermò e si grattò pensieroso una natica, poi fece oscillare il secchiello avanti e indietro. Forse, se glielo avesse chiesto, lei sarebbe uscita ad ammirare la sua opera. La madre distolse lo sguardo e Tommaso si decise a percorrere i pochi metri che lo separavano da casa.
Notò subito che non indossava più le calze smagliate. Si era cambiata anche la gonna e si era raccolta i capelli sulla nuca. Il padre la preferiva così, ma spesso la madre si presentava a tavola senza essersi neanche pettinata. Però, dopo aver incontrato gli uomini, lo accontentava. Si pettinava con cura e si metteva persino un rossetto pallido sulle labbra. Questo consolava Tommaso per aver dovuto lasciare la sua camera a degli estranei.
Papà ha telefonato che arriverà per cena”, disse d’un tratto la madre continuando a guardare fuori della finestra.
Una pausa.
Ricordati che non devi dirgli niente del signore che è venuto oggi.”
Sì”, disse Tommaso.
E’ un segreto tra noi due, ricorda.”
Sì”, ripeté Tommaso. Glielo diceva sempre, tutte le volte che gli uomini venivano. Sempre la stessa frase.
Lei sembrò non credergli, perché subito proseguì. “Il lavoro che sto facendo durerà ancora un po’, poi magari riesco a lasciarlo. Ancora un po’, e la finisco. ”
Tommaso questa volta non disse niente.
La madre si girò finalmente a guardarlo. Sembrava spaventata da qualcosa.
Non dirò niente”, rispose in fretta Tommaso.
Incrociò le dita, le portò alle labbra e con aria solenne le baciò.

Quella notte lo svegliò il pianto della madre. Piangeva a tratti, lamentandosi come un animale ferito. Il padre le parlava con rabbia, a voce bassa, ma nel silenzio ogni parola ingigantiva e arrivava nitida alle orecchie di Tommaso.
Non mi vuoi più toccare”, diceva la madre, “ti faccio schifo.”
Smettila. Lo sai che non è per quello.”
E allora, perché non proviamo?”
E’ tardi. Voglio dormire.”
Una volta non mi avresti detto ch’era tardi. Ti faccio schifo.”
Smettila, sono stanco. Voglio dormire.”
Sono diventata orribile.”
Basta. Tu sei fissata.”
Davvero? Sono sei mesi che non facciamo niente.”
E’ un periodo così. Può succedere.”
Solo a te succede.”
Che vuoi dire?”
Niente.”
Che vuoi dire? Parla!”
Le mie amiche. Ai loro mariti non succede mai.”
Hai parlato di questo alle tue amiche?”
No. Ma loro raccontano.”
Se scopro che hai fatto una cosa simile io ti rovino. Mi capisci? Ti rovino!”
La madre riprese a piangere. Un mugolio sordo interrotto da brevi singhiozzi. Tommaso si tappò le orecchie. “Smettila“, pensò.
Allora è perché ho abortito. Dillo che è per quello.”
Basta.”
Non ce l’avrei fatta con un altro figlio.”
Non ti accuso di niente.”
Tu lo volevi.”
Non ti ho mai accusata di niente.”
Dopo l’aborto non mi hai più cercata.”
Basta. Sono stanco.”
Sei un vigliacco. Dillo una buona volta che è per quello che non mi cerchi più.”
Il padre non rispose. Tommaso sentì le molle del materasso che cigolavano, lo scatto dell’interruttore, poi l’odore della sigaretta accesa arrivò fino a lui. Immaginò il padre formare un enorme anello di fumo. Prese la pistola al suo fianco e mirò.
Va bene. Parla, se ne hai voglia. Almeno dopo potrò dormire.”
Non potevo farcela con un altro figlio.”
Invece con questo ce la fai.”
Sei cattivo.”
Volevi abortire anche di lui.”
Sei cattivo.”
Volevi liberarti. Per fortuna Tommaso è qui.”
Non capisci. E’ orribile vedersi deforme.”
Tu sei malata.”
E’ orribile sentire che un altro occupa il tuo corpo.”
Smettila. Non eri così solo in gravidanza.“
Di nuovo una pausa. Poi il padre disse, “Non ti ho mai visto dargli una carezza.”
La madre non rispose. Ci fu un lungo silenzio, poi il padre riprese.
Non è solo per l’aborto.”
Ancora silenzio, poi per la seconda volta le molle cigolarono. Tommaso riconobbe il respiro affannato della madre che si alzava. Udì dei suoni attutiti, come pugni dati sul materasso, poi qualcosa sbatté provocando un violento rumore. Un grido. Di nuovo rumori soffocati. Tommaso immaginò i genitori lottare silenziosamente mentre cercavano di colpirsi a vicenda. D’un tratto il padre lanciò una bestemmia. Ci fu una pausa, poi la madre urlò.
Di nuovo silenzio.
Tommaso scese con circospezione dal letto e uscì in corridoio. La camera matrimoniale era proprio davanti alla sua. Rimase immobile a guardare il vano della porta, con le orecchie tese. Dapprima udì solo il battito del suo cuore, poi riconobbe il ticchettio del grande orologio appeso al muro. Fruscii di animali nella macchia. Latrati di cani in lontananza. Nient’altro.
Si allontanò proseguendo sino in cucina. Nel locale c’era pochissima luce, ma lui andò con sicurezza verso una sedia appoggiata contro il muro; sopra, sistemata con cura, c’era la divisa del padre.
Vide subito la pistola; penzolava dallo schienale, all’altezza della giacca. Tommaso si grattò con forza un braccio, poi di scatto allungò la mano.
Sentì le strisce di cuoio sfuggirgli, viscide, e lo spazio tra le sue dita si ridusse, rivelandogli che la custodia era vuota. Si deterse in fretta la mano sudata sui pantaloni. Poi rifletté. Non aveva udito nessuno sparo provenire dalla stanza dei genitori, solo il grido della madre.
Ritornò davanti alla camera matrimoniale e si mise in ascolto. Il silenzio si fondeva monotono con i rumori della casa, ma nessuno di questi gli rivelava la presenza dei genitori. Riprese a sudare, un velo denso e umido gli appiccicò la carne alle mutande, procurandogli fitte di bruciore.
Com’era la preghiera che gli aveva insegnato la nonna? Era stato un po’ di tempo prima, quando la madre era andata in ospedale e il padre non aveva potuto tenerlo con sé. Corrugò la fronte, nello sforzo di ricordare.
Angelo di Dio, che sei il mio custode… governa e proteggi me…
Udì il cigolio del materasso e la madre che riprendeva a piangere, e d’un tratto il bruciore tra le cosce diventò insopportabile. Si toccò i pantaloni e si accorse di averli fradici di un liquido ancora caldo.
Ai suoi piedi c’era una larga pozza di pipì. Un rivolo si era già incuneato nella fessura di una piastrella e puntava, lento, verso la camera matrimoniale.



L’indiano dall’aria feroce precipitò dal letto. “Morte ai visi pallidi”, gridò. Impugnava un tomahawk affilato che lanciò sulla testa di un soldatino in giacca blu. Il viso pallido emise un gemito agghiacciante. “Maledetto pellerossa, non avrai il mio scalpo”, sibilò prima di morire.
Tommaso”.
La figura della madre si stagliava imponente contro il vano della porta. Teneva le braccia conserte, e con le dita tormentava le maniche della camicia.
Più tardi viene un signore per darmi un lavoro.”
Aagh, muoio!” strillò il viso pallido di colpo resuscitato.
Tommaso, hai capito quello che ti ho detto?”
Il viso pallido si trascinò sul pavimento, prima di finire stecchito col fucile puntato al cielo.
Tommaso… ”
Fuori fa caldo”, disse Tommaso.
Si tratta di un lavoro veloce. Una mezz’oretta e ho finito.”
Anche ieri sono uscito.”
Oggi mi sbrigo.”
No”, disse Tommaso.
La madre impallidì. “Che ti prende, è una cosa importante.”
Tommaso non le rispose. Afferrò l’indiano per il copricapo e lo fece saltellare intorno al cadavere del viso pallido. “Augh! Ora Bufalo zoppo avrà finalmente il tuo scalpo.”
Da bravo, Tommaso. Si tratta solo di una m-mezzora.”
Tommaso non disse niente. Teneva l’indiano premuto con forza sul soldatino morto, e aspettava.
Tommaso, guardami in faccia quando ti p-parlo!”
Gli si parò davanti e Tommaso abbassò il capo, aspettandosi la sberla.
Smettila”, disse lei “non ti tocco. P-prometto che non ti tocco più.”
Per tutta risposta Tommaso si rannicchiò, proteggendosi la testa con le mani. La madre mandò un grido di rabbia, poi lo colpì. La prima sberla gli urtò di striscio il braccio, la seconda gli prese in pieno la mano con cui si proteggeva la nuca. L’urto lo gettò a terra. La madre gli fu addosso.
Lo sovrastava, enorme, le spalle ampie, i seni pesanti si sollevavano e abbassavano veloci sopra di lui.
Non sopporto che mi sfidi!”, gli disse con un singhiozzo.
Tommaso avrebbe dovuto dirle “scusami mamma”, era l’unica cosa che aveva sempre funzionato, ma quella volta le parole non uscirono. La madre alzò di nuovo il braccio e lui si morse le labbra per non gridare.
Invece di colpirlo cominciò a strattonarlo. “Mi hai rovinato la vita”, gridò, “da quando sei nato non faccio che litigare con tuo padre. E’ per colpa tua se sono ridotta così!”
Lui non aprì bocca. Se si fosse messo a gridare, o peggio, a piangere, la madre avrebbe perso del tutto il controllo. Quando le succedeva lo picchiava in maniera metodica, sbuffava e tirava colpi, uno sbuffo e un colpo, un altro sbuffo e un altro colpo, a volte si allontanava, faceva un giro su se stessa, poi tornava e lo colpiva, si allontanava ancora, sembrava riflettere, poi gli era di nuovo addosso. Tommaso non aveva paura dei colpi, non erano mai così forti da lasciargli brutti segni. Era lo sguardo della madre che lo terrorizzava. In quei momenti sembrava indifferente.
Il telefono squillò. La madre s’irrigidì, poi uscì correndo dalla stanza.
Lui rimase immobile per qualche istante, poi si mosse alla ricerca del viso pallido. L’aveva perso durante la caduta, mentre il pellerossa lo teneva stretto in pugno. Vide il soldatino poco lontano, il fucile sempre puntato contro il cielo, e lo afferrò. Poi, usandolo a mo’ di sasso, cominciò a picchiare furiosamente l’indiano. “Ti massacro”, disse, “vi massacro tutti.”
Continuò a picchiare finché il fucile di plastica non si ruppe; allora prese l’indiano e lo batté contro il soldatino. Colpiva, allontanava il pellerossa, sbuffava, e di nuovo tornava a colpire. “Cattivo”, disse al viso pallido, “volevi liberarti.”
Si accorse solo allora che la madre era rientrata e lo stava fissando con gli occhi lucidi. “Era tuo padre al telefono”, gli sussurrò. Si tormentò una manica, poi si mise a piangere silenziosamente. “Perdonami”, disse.
Tommaso attese. Quella era una novità che non sapeva come valutare.
Tu non hai colpa di niente”, continuò la madre. Si sfregò le mani e poi le ficcò nelle tasche della gonna.
Una volta tuo padre mi portava fuori ogni sera. Andavamo al cinema, a ballare. Poi, con te, non è stato più possibile.”
Agitò una mano nella tasca. “Qui viviamo così isolati”, mormorò.
Alzò di scatto la testa e disse con forza, “Scusami, sono una disgraziata".
Poi lo guardò con occhi strani. “Se vuoi, oggi posso rimandare il lavoro. Posso rimandarlo per sempre.”
No, non m’importa. Quando tu vuoi, io esco”, rispose in fretta Tommaso.
La madre sbatté appena le palpebre, sembrò considerare con attenzione ogni parola, poi assentì adagio. “Mi sbrigherò presto”, disse debolmente, “e dopo ti preparerò qualcosa di buono. Li vuoi i calamari fritti?”
Tommaso rispose di sì con un cenno del capo.
Li vuoi. Piacciono tanto anche a tuo padre. Chissà, forse oggi riuscirà a tornare per pranzo.”
Tommaso alzò gli occhi, stupito. E l’uomo?, pensò. Lei sostenne il suo sguardo. “Mi ha appena telefonato che un collega potrebbe dargli il cambio, non lo sa ancora. Forse ci farà una sorpresa.”
Improvvisamente sembrò stanchissima. Si avvicinò alla finestra e guardò il mare. “Com’è calmo, oggi”, disse piano.
Tommaso seguiva ogni suo gesto in silenzio. Quando lei si voltò stettero a lungo a guardarsi senza parlare. Poi la madre tornò a fissare il mare.
Com’è calmo”, ripeté.

La macchina grigio argento arrivò rombando, e Tommaso corse a nascondersi dietro a una duna di sabbia. L’uomo fermò di colpo, poi manovrò per portare l’auto al riparo di un ginepro. Scese e si guardò in giro, infine si avviò velocemente verso la casa.
Tommaso aspettò finché non vide chiudere le imposte della sua stanza, poi si decise a uscire allo scoperto. Il sole era alto e lui aveva molta fame. Quanto era lunga mezz’ora?
Socchiuse gli occhi e cercò le nuvole. Quella mattina ce n’erano parecchie, se era fortunato avrebbe individuato quella giusta. Ne osservò una per qualche minuto, era bianca e rotonda come un batuffolo d’ovatta e forse si sarebbe aperta al centro. Dopo un po’ la nuvola si allungò a un’estremità, assumendo la forma insignificante delle altre.
Tommaso sbuffò e si mise una mano in tasca. Gatto Silvestro era diventato ormai una poltiglia appiccicosa, i colori si erano mischiati, cancellandogli i lineamenti. Prese il lecca-lecca dalla parte della cannuccia e andò verso il castello di sabbia; lì, con un colpo deciso, impalò Gatto Silvestro sulla torre. Per un po’ rimase a osservarlo squagliarsi al sole, poi lo colpì. La sostanza molliccia gli rimase incollata alle dita. Con un gesto di disgusto Tommaso cercò di liberarsene ficcando la mano nella torre. La costruzione franò subito. Tommaso trovò il legno abbandonato il giorno prima e colpì ripetutamente il castello. Continuò finché non lo rase completamente al suolo. Alla fine si gettò a terra, spossato, e guardò verso la casa. Le imposte della sua stanza erano sempre chiuse.
Mi sbrigo presto, gli aveva detto la madre.
Ed ecco, nel cielo, finalmente la nuvola giusta. Il buco era spostato in basso e rischiava di dividerla in due, ma Tommaso decise di seguirla con fiducia.
Il richiamo asmatico di un clacson lo fece sobbalzare. Avrebbe riconosciuto quel suono ovunque. Si acquattò il più possibile dietro il mucchio di sabbia e osservò la strada. La macchina del padre era ancora lontana.
Tommaso si voltò a guardare la casa. Se si sbrigava, ce l’avrebbe fatta ad avvertire la madre e l’uomo. L’uomo sarebbe riuscito ad andarsene in tempo.
Si grattò con forza il polpaccio, poi guardò il mare. La madre aveva detto bene. Era davvero calmo. Pareva una lastra di vetro.
Si sdraiò e riprese a osservare la sua nuvola. Il buco si era spostato verso il centro e ora si stava ingrandendo. Ancora un po’ di pazienza e l’anello si sarebbe formato.
Sentì la Fiat fermarsi. Era una vecchia cinquecento di cui il padre andava fiero, ma non appena mollava la frizione il motore non teneva il minimo e si afflosciava, proprio così, a Tommaso sembrava che la macchina si lasciasse cadere sulle gomme con un sospiro.
Udì la portiera sbattere, poi i passi del padre smuovere la ghiaia del sentiero che portava alla casa. Tornò a guardare la nuvola. Ecco, era quasi pronta. Una bella nuvola rotonda col buco al centro. Così l’avrebbe tappata. Avrebbe tappato tutte le nuvole bucate del cielo.
Gli spari arrivarono quasi subito. Due colpi in successione. Tommaso tremò, poi cominciò ad agitare le braccia nella sabbia come un forsennato. Pum!, disse piano, pum, pum! Il fragore assordante gli riecheggiava in testa, monotono, senza fine, e a ogni colpo lui agitava le braccia, sempre di più, sempre di più, smuovendo nugoli di sabbia che offuscavano il cielo e la sua nuvola.
Continuò a smuovere sabbia finché non ci fu più alcun rumore. Poi si alzò.
Questa volta l’angelo gli era riuscito bene, il corpo snello e le gambe diritte, e le grandi ali che riempivano tutto lo spazio, attorno. 

Cynthia Collu: nel 2007 ha vinto il premio letterario Arturo Loria e nel 2008 il Castelfiorentino. Suoi racconti sono stati pubblicati in antologie (Fiocco rosa di Fernandel) e riviste (Linus, l’Accalappiacani). Il suo primo romanzo Una bambina sbagliata è edito da Mondadori. Il suo sito è http://cynthiacollu.wordpress.com/ 

martedì 6 luglio 2010

Intervista a Cristiano Armati (direttore editoriale Castelvecchi): "Un libro lo si pubblica quando è bello, tutto qui"

Oggi pubblico una chiacchierata con l'amico Cristiano Armati, che è non solo un ottimo scrittore (ha pubblicato tra gli altri la raccolta di racconti "La mattina dopo" (Coniglio editore) e il romanzo "Rospi acidi e baci con la lingua" (Coniglio editore), oltre ai saggi "Italia Criminale" (Newton Compton) e Roma Criminale (Newton Compton) tutti con ottimi risultati) ma è anche il direttore editoriale della oramai storica Castelvecchi, sicuramente uno dei marchi indipendenti più interessanti del panorama letterario italiano.  

Come si diventa direttore editoriale di una casa editrice come Castelvecchi? In cosa consiste il tuo lavoro, quali sono le tue responsabilità e quali altre figure professionali operano all'interno di una casa editrice?

Lavoro nell'editoria periodica e non periodica dal 1999. In questi dieci e passa anni ho scritto per un gran numero di giornali, ho pubblicato sei libri e ne ho curati direttamente un'altra trentina. Cinque anni li ho passati come editor alla Coniglio Editore, altri cinque li ho spesi alla Newton Compton: due marchi molto diversi, che mi hanno consentito di cimentarmi sia con un pubblico di nicchia amante di tematiche quali la musica, l'eros e il fumetto, sia con un pubblico più generalista, abituato, magari, a comprare i libri al supermercato. Insieme a Dario Morgante, con cui lavoro da sempre, ho fondato e diretto prima l'etichetta Bamako (in seguito ceduta alla Coniglio), poi l'etichetta Purple Press (ora acquisita da Castelvecchi) quindi, dopo essermi fatto una cultura nel campo dell'immagine, ho rilevato "Mondo Bizzarro": una galleria d'arte contemporanea di Roma a cui abbiamo affiancato l'omonima etichetta dedicata ai libri d'arte. In tutto ciò mi sono laureato in antropologia culturale, ho imparato l'inglese, il francese e lo spagnolo e, dalla gestione del magazzino fino alle macchine tipografiche, mi sono "sporcato" le mani con tutto ciò che direttamente o indirettamente riguarda i libri, la loro scrittura, la loro composizione, la loro stampa e la loro messa in commercio. Sono stati dieci e passa anni di lavoro "matto e disperatissimo": anni dove il lavoro non è mai stato solo lavoro, ma sempre e comunque anche formazione personale, passione, quasi malattia. Ora, come direttore editoriale Castelvecchi le mie responsabilità riguardano tutto il processo produttivo: dalla scelta di un titolo fino al suo confezionamento, dalla creazione di una collana fino alla sua vendita in libreria. Per fare tutto questo sono coadiuvato da diverse figure professionali fondamentali: il direttore artistico prima di tutto (alla Castelvecchi ho con me proprio Dario Morgante), responsabile dell'immagine che i libri trasmettono all'esterno; quindi i redattori (alla Castelvecchi, capitanata da Elisa Passacantilli, ho trovato una redazione formidabile), dedicati al confezionamento del libro e "sacerdoti" della sua cura formale; poi gli editor, che seguono il mercato alla ricerca di titoli e ne curano con me la loro trasformazione in libri; per non parlare dell'ufficio stampa (diretto da Patrizia Renzi), fondamentale per la comunicazione; della direzione commerciale (Federico Pancaldi), altrettanto fondamentale per ciò che concerne le vendite; dell'ufficio diritti (gestito da Irene Pepiciello), garante di tutto ciò che riguarda i contratti con gli autori; e della rete di promozione (Vivalibri) e distribuzione (PDE), a cui spetta il compito di portare fisicamente i libri in libreria... il luogo in cui tutto, e per prima cosa il mio lavoro, verrà sottoposto al giudizio supremo: quello dei lettori.


C'è davvero qualcosa che non va nell'editoria italiana? Se sì, cosa?

Si dice sempre che in Italia si legge poco... è vero, ma si può considerare il lato positivo di una situazione penalizzante rispetto a quella degli altri maggiori paesi europei: se si legge poco, vuol dire che in futuro si potrà soltanto leggere di più! Tutto ciò in realtà sta già accadendo, per cui non ho intenzione di unirmi al coro dei pessimisti a oltranza. Poi c'è un altro discorso, che non riguarda strettamente l'editoria pur essendo fondamentale: se non ce ne siamo accorti, l'occidente sta attraversando la peggiore crisi economica dal '29 ai giorni nostri... in alcuni paesi siamo alla soglia dell'insurrezione, ovunque ci sono enormi difficoltà dovute alla carenza di lavoro e a una povertà diffusa. Se si assiste anche a una contrazione dei consumi non penso ci sia da esserne stupiti: ed è proprio questo il problema più grave con cui, al di là dell'editoria, chiunque svolga una qualunque professione sarà chiamato a fare i conti nei prossimi anni.


Come viene selezionato un libro adatto alla pubblicazione? Ci sono dei canali preferenziali che permettono ad un autore di essere letto e valutato con più attenzione rispetto agli altri?

Un libro è adatto alla pubblicazione quando è bello, tutto qui. L'idea del "bello", naturalmente, ha a che fare con una linea editoriale e con le risposte del mercato, non con un concetto astratto. Per il resto, chi vuole pubblicare deve prima di tutto scrivere: esistono una quantità di luoghi in cui ci si può mettere in luce (blog, riviste, circoli di scrittori...), ed è qui che, in linea di massima, peschiamo i nostri autori.


Un consiglio a chi vuole iniziare una carriera nel mondo editoriale sperando magari un giorno di fondare una casa editrice?

La domanda è difficile perché, in editoria, non mi pare che i percorsi personali siano facilmente formalizzabili e traducibili in un modello da seguire. Certo, è anche vero che negli anni ho visto bruciare discreti capitali da più di un editore in erba. L'errore, in questi casi, è stato un errore di presunzione: pensare di poter fare tutto da soli, quando magari, con l'assistenza di qualcuno del settore, avrebbero senz'altro ottenuto di più. Ma il problema è che chi fonda le case editrici, molte volte, è animato da un'idea astratta e utopica del libro. E, in cuor suo, crede di potersela cavare unicamente con il suo gusto personale o con la pubblicazione di qualche romanzo scritto da amici... questo tipo di persona non delegherebbe mai le scelta a un direttore editoriale, preferisce perdere decine di migliaia di euro, ma tenersi stretto il ruolo: assecondare il suo ego con il lato prestigioso di un ruolo che in realtà è estremamente duro. Il difetto di questo tipo di persone, paradossalmente, è quello di non sapersi comportare da imprenditori. E a chi volesse replicare un simile schema, visto con i miei occhi fallire moltissime volte, più che un consiglio preferisco fare un augurio: in bocca al lupo.


Credi che pubblicare racconti su blog o webzine possa essere utile ad uno scrittore alle prime armi al fine di farsi notare da un editore?

Intanto è utile a se stesso per iniziare ad esercitare il mestiere di autore: la scrittura è prima di tutto un confronto continuo con se stessi, dove il "se stesso" è un giudice implacabile, che non cede neppure di fronte alle lusinghe dei lettori, neppure di fronte a un eventuale successo. Sì ai blog e alle webzine, dunque, ma con un avvertimento: chi prende le decine di accessi alle proprie pagine per il "pubblico" si sbaglia di grosso.


Quanti scrittori esordienti pubblica in un anno Castelvecchi?

Non abbiamo un numero prestabilito di esordienti da pubblicare per forza, dipende dalla qualità delle proposte che arriveranno e dai nomi che saremo in grado di far emergere. Abbiamo già qualche autore interessante per le mani: staremo a vedere.

venerdì 2 luglio 2010

Annunciato in diretta Rai il vincitore del premio Strega 2010.

Annunciato in diretta Rai, dal Ninfeo Villa Giulia di Roma (che mostra per l'occasione per la prima volta i dipinti del letto funebre di Tarquinia), il vincitore della 64esima edizione del Premio Strega. Si tratta, a sorpresa, di Antonio Pennacchi con Canale Mussolini (Mondadori) che l'ha spuntata nel testa a testa con Silvia Avallone che si presentava con il romanzo Acciaio (Rizzoli). Dietro, in ordine sparso, Paolo Sorrentino con Hanno tutti ragione (Feltrinelli), Matteo Nucci con Sono comuni le cose degli amici (Ponte alle grazie), Lorenzo Pavolini con Accanto alla tigre (Fandango).
Malgrado le polemiche dei giorni scorsi (oramai costante di ogni edizione) la festa è stata grande per Pennacchi che ha dedicato la vittoria "Ai  familiari, agli amici e ai colleghi operai".
In verità, come spesso avviene con lo Strega, anche il vincitore finale era stato pronosticato con anticipo da alcune testate (come ad esempio Affaritaliani).
Il premio dunque resta ancora una volta in casa Mondadori a dispetto di quanto detto nei giorni scorsi.

Ecco la classifica finale:

Antonio Pennachi - Canale Mussolini (Mondadori): 133
Silvia Avallone - Acciaio (Rizzoli): 129
Paolo Sorrentino - Hanno tutti ragione (Feltrinelli): 59

Lorenzo Pavolini - Accanto alla tigre (Fandango): 32
Matteo Nucci -  Sono comuni le cose degli amici (Ponte alle grazie): 38

Nulle : 5

giovedì 1 luglio 2010

Gli scrittori Einaudi contro la legge bavaglio

Gli scrittori della casa editrice Einaudi firmano una lettera contro la legge bavaglio.

Una presa di posizione che farà scalpore. I piu' conosciuti autori della Einaudi, casa editrice di proprietà del presidente del Consiglio, hanno scritto un appello contro la legge sulle intercettazioni. Un gesto di rottura, considerata la posizione tiepida che Einaudi ha avuto su queste norme, anche rispetto ad altri editori 1 come Feltrinelli e Laterza. Ecco il testo e i firmatari.

Cari lettori,
Gli scrittori Einaudi firmatari di questa lettera si associano alla protesta di gran parte dei cittadini italiani contro il disegno di legge "bavaglio" che intende limitare l'azione della magistratura e delle forze dell'ordine, il diritto di informazione e la libertà di stampa nel nostro paese.

Questa legge, millantando di proteggere la privacy di molti, vuole salvaguardare l'impunità di pochi, stendere un velo di segretezza sulla criminalità organizzata e, contemporaneamente, reprimere ogni voce di dissenso.

Francesco Abate; Niccolò Ammaniti; Andrea Bajani; Eraldo Baldini; Giulia Blasi; Ascanio Celestini; Mauro Covacich; Giancarlo De Cataldo; Diego  De Silva; Giorgio Falco; Marcello Fois; Anilda Ibrahimi; Nicola Lagioia; Antonella Lattanzi; Carlo Lucarelli; Michele Mari; Rossella Milone; Antonio Moresco; Michela Murgia; Aldo Nove; Paolo Nori; Giacomo Papi; Laura Pariani; Valeria Parrella; Antonio Pascale; Francesco Piccolo; Rosella Postorino; Christian Raimo; Gaia Rayneri; Giampiero Rigosi; Evelina Santangelo; Tiziano Scarpa; Elena Stancanelli; Domenico Starnone; Benedetta Tobagi; Vitaliano Trevisan; Simona Vinci; Hamid Ziarati; Mariolina Venezia.
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