martedì 26 ottobre 2010

J.A.S.T. Blog tour (Settima tappa): Episodio 1, Scena 3

Continua qui su Blogolonelbuio il blog tour di J.A.S.T., il romanzo collettivo scritto da Lorenza Ghinelli, Daniele Rudoni e Simone Sarasso attualmente in libreria. In verità più che di un romanzo si tratta di un vero e proprio serial tv su carta (anzi, si tratta del primo serial tv su carta). Non ci credete? Allora date un'occhiata alla scena tre del primo episodio che Blogolo vi presenta in esclusiva!  




Episodio 1 – Pilot
Written and directed by Simone Sarasso

Scena 3 – Ecco come è andata in New Jersey
Newark, New Jersey, 2007
La Spia

Daryl è un nome da uomo. Questo pensa la ragazza prima d’infilarsi la tuta protettiva.
Non è che la folgorazione le sia venuta nel bel mezzo di quel casino, anzi.
Lo pensa da anni.
Anche se suo padre continua a tirare in ballo Daryl Hannah.
E lei finisce per incazzarsi ancora di più.
I primi anni, al liceo, i ragazzi la prendevano per il culo.
Con quei capelli corti e senza un filo di tette sembrava davvero un ragazzino.
Poi erano arrivate le tette, i capelli erano cresciuti e i ragazzi avevano iniziato a ronzarle intorno.
Niente più salopette, solo gonne molto sopra il ginocchio. E uno stuolo di giocatori di football che facevano la fila per sbirciare là sotto.
Daryl è una donna, adesso.
A dirla tutta è una bellezza da capogiro.
Ma quella fissa del nome non le è ancora passata.
A ventisette anni suonati.
E chissà come, l’assale proprio ora: nel bel mezzo dell’inferno.
Sistema il microfono, infila il cappuccio: quasi pronta.
Certo che è una bella sfiga. La prima diretta della sua vita e nessuno la vedrà in faccia.
Forse la riconosceranno dal nome: Daryl.
Ancora quel nome ridicolo...
Butta fuori l’aria dai polmoni. Apre la porta della roulotte ed esce a fare quello per cui è pagata.
Il cameraman è già in posizione. Imbacuccato nella stessa tuta giallo canarino che fa sudare Daryl.
Alle sue spalle altri duecento uomini in giallo, frenetici e zuppi quanto lei.
Sullo sfondo un gran bel casino: fiamme alte sei piani. Odore di pollo fritto.
Nonostante i filtri della tuta.
Il cameraman alza la destra: meno tre, due…
Daryl attacca: “Il disastro alle nostre spalle si commenta da solo. Sono immagini strazianti.
Ci troviamo alla periferia di Newark, New Jersey, dove circa sei ore fa è avvenuta la terribile deflagrazione.
La paura per un attacco terroristico è alta, ma dalle prime indiscrezioni pare che l’esplosione dell’impianto petrolchimico Dragon sia un semplice incidente.
“Uno dei due silos in cui viene raffinata la benzina è saltato in aria. Letteralmente squarciato: potete vederlo coi vostri occhi. Al momento della detonazione circa trecento persone erano al lavoro. Il calcolo delle vittime è ancora provvisorio, ma quello che possiamo vedere dalla nostra postazione non è affatto rassicurante. Molti feriti giacciono a terra, incapaci di muoversi. I soccorsi stanno facendo tutto il possibile.
“Centinaia di ambulanze sono coinvolte nel recupero degli ustionati, ma la situazione è ancora critica.
“Specialmente per l’altissima temperatura attorno al luogo dell’esplosione.
“E per le esalazioni: un perimetro di sei miglia è stato messo in quarantena.
“Grazie all’assenza di vento, i fumi sono si sono diffusi nell’area circostante.
“Ma se la brezza si alzasse, la situazione potrebbe diventare tragica.
“Per ora è tutto, vi terremo costantemente aggiornati.
“Daryl Thomas, CNN News, Newark, New Jersey”.
Il cameraman fa segno di tagliare. Spegne la macchina da presa e torna nella roulotte a fumare una Pall Mall.
Daryl non è più in diretta. Ma è ancora in primo piano.
L’inquadratura allarga dai suoi occhi all’inferno alle sue spalle.
Poliziotti in tuta blu in corsa verso di lei.
Urla mute di pompieri fra le scorie.
Corpi straziati e riarsi.
Il fuoco primordiale, eterno, che non la smette di bruciare.
Se lo avessero lasciato fare avrebbe seccato il cielo.
I poliziotti sono vicini a Daryl, adesso.
La spingono dentro la roulotte: “Fila dentro, tesoro! Ti scotterai il culo.”
Daryl si lascia portare via. Esce dall’inquadratura.
La camera si tuffa in quell’inferno di corpi gialli.
Un termitaio fosforescente, ma la camera sa cosa cercare.
Inquadra il suo uomo, stringe su di lui: puntino giallo in mezzo al giallo.
L’uomo imbraccia una manichetta, apre la valvola.
Il getto debole, impotente.
L’uomo urla, fa segno con la mano libera: “Avvicinatevi, forza! Reggete questo maledetto tubo, vado a controllare la pressione”.
Qualcuno gli dà retta. In tre afferrano l’idrante e l’uomo corre via.
Non va a controllare la pressione.
Nemmeno si avvicina al camion.
L’uomo non è un pompiere.
Nemmeno un poliziotto.
E di sicuro non è in mezzo al casino per dare una mano.
È venuto a fare il suo mestiere. Punto.
L’uomo non corre più, fa una lunga passeggiata nel fumo. Fino a sparire nel nero.
Poi più niente.
Buio.
L’uomo preme un tasto sulla tuta e il mondo vira al verde.
Nitido.
Una botola sul terreno: peserà una tonnellata.
Le mani dell’uomo la aprono senza il minimo sforzo.
Dentro: una scala a pioli.
L’uomo pensa ad alta voce. Timbro nasale: “Gesù Cristo, un deposito di armi chimiche in pieno New Jersey.
Nemmeno nei film di Bruce Willis… Questo paese è una barzelletta.”
Cammina sicuro, venti metri sotto l’inferno. Le porte tagliafuoco aperte, quasi nessuno nei corridoi.
Qualche impiegato, niente guardie.
Nessuno fa caso a lui.
L’uomo arriva alla stanza. Due ragazzini in mimetica e M16.
Non fanno in tempo a vedere la Luger silenziata.
Vanno giù e basta.
La porta è chiusa e questo potrebbe essere un problema.
Ma l’uomo ha pensato proprio a tutto. Tira fuori due chiavi identiche, le infila nella toppa, le gira insieme.
L’uomo recupera quello che deve. Sta in una cassetta di metallo.
Ancora la sua voce nasale: “Il posto più sicuro degli Stati Uniti d’America… Un'esplosione e va tutto a puttane. Porte da sette pollici che si spalancano più in fretta delle cosce di una diciottenne al ballo di fine anno.”
Nessuno parla così. Nemmeno nei film di Bruce Willis.
L’uomo si disfa della cassetta di metallo, sta uscendo.
Il percorso al contrario, una bandiera a stelle e strisce.
Fa il saluto in maniera vistosa, eccessiva: “Ameeeerica, Ameeerica…”
Urlacchia: “Cristo, questi tizi pensano di essere dei cazzi duri. Dovrebbero farsi un giretto a Shangai… I musi gialli sì che hanno le palle.”
Questo tizio è fuori di testa.
Questo tizio è La Spia.
E ha appena rubato qualcosa che nemmeno dovrebbe esistere.

Tappa precedente: Sul romanzo
Tappa successiva: Non solo noir

2 commenti:

Camilla P. ha detto...

Sicuramente è una novità interessante :D
E poi l'idea di girare per i blog, come in una specie di tour, è un'iniziativa nuova e ben progettata :)

Blogolo Nel Buio ha detto...

Sì, davvero una bella idea. Inoltre è un esperimento riuscito vista la eco(a presto ne parleremo con Jacopo De Michelis).

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