martedì 8 giugno 2010

Intervista all'editore Giorgio Pozzi (Fernandel)

Una piccola casa editrice di cui apprezzo molto il lavoro è Fernandel. Oltre alla grafica molto curata a fare la differenza è, com'è ovvio, un catalogo spesso di elevata qualità (tra gli esordi "eccellenti" basta citare: Paolo Nori, Gianluca Morozzi, Grazia Verasani, Piersandro Pallavicini, Carlo Grande e altri). Oggi, dunque, ho deciso di chiacchierare con il suo fondatore Giorgio Pozzi.

Fernandel è una casa editrice di piccole dimensioni che però svolge un lavoro di ricerca molto attento e che ha al tempo stesso una buona diffusione in libreria. Mi dici come riesce a vivere una piccola casa editrice come la vostra oggi e cosa pensi dell'editoria a pagamento?

Sopravvivere non è facile, soprattutto in questo momento: noi negli anni ci siamo abituati a vivere di poco, come le piante grasse nel deserto, per cui cerchiamo di continuare a fare un lavoro coerente stando attenti alle spese. Cerchiamo soprattutto di non spendere i soldi che non abbiamo: mi sembra l'unica regola di buon senso per non doversi trovare da un giorno all'altro in mezzo a una strada. Per ciò che riguarda l'editoria a pagamento, come ho detto anche in altre interviste, non ho un atteggiamento demonizzatore. Non lo considero un fenomeno né immorale né illegale, almeno finché le due parti sono consenzienti, e sempreché l'editore non faccia promesse che mai e poi mai potrà mantenere. E' comunque un fenomeno che sta cambiando i rapporti fra l'autore esordiente e l'editore, per cui credo che si tratti di un mercato destinato ad ingrandirsi, anche se finora mi pare che abbia inciso in maniera del tutto irrisoria sulle vendite in libreria.

Perdonami se sono troppo diretto, ma è per cercare di avere una visione di insieme quanto più vicina possibile alla realtà: quanti titoli all'anno stampate? In media le vendite su che cifre si aggirano? Quanti sono gli esordienti da voi pubblicati in un anno? Quanti i testi pubblicati tra quelli spediti spontaneamente dagli autori?

Pubblichiamo una dozzina di titoli all'anno di narrativa, quindi circa un libro al mese. Di questi, le opere degli esordienti non sono più di due o tre: le altre sono scritte da autori che provengono dal nostro catalogo, o autori che non sono più al loro esordio. I manoscritti che arrivano in redazione in un anno sono circa mille, senza considerare il numero imprecisato che arriva per posta elettronica. Quindi statisticamente, facendo il rapporto fra gli invii spontanei e gli esordienti pubblicati, il numero di esordienti che pubblichiamo è molto vicino allo zero...

Daresti un consiglio a chi sta pensando oggi di aprire una casa editrice?

Se si tratta di persone che vogliono diventare editori "dal basso", senza una particolare preparazione o esperienza, darei loro solo due consigli: avere alle spalle un lavoro che possa garantire un'entrata sicura, e non fare mai debiti per sovvenzionare la casa editrice. L'attività editoriale, almeno per i primi due o tre anni, deve essere poco più di un hobby con il quale farsi un'esperienza. Tutto il resto viene in un secondo momento, incluso l'aspetto di marketing più importante, cioè la collocazione sul mercato e la riconoscibilità dell'editore.

Ti è mai capitato di trattare con agenzie letterarie? Che idea ti sei fatto? Quali sono le più affidabili a tuo avviso?

Sì, mi è capitato di firmare contratti di pubblicazione attraverso agenti e agenzie, ma per gli agenti io sono un editore piccolo, con scarsa capacità di pagare anticipi interessanti, che è l'aspetto a cui un agente mira di più. Quindi alla lunga abbiamo finito per ignorarci.

Con le interviste su questo blog sto raccogliendo opinioni piuttosto contrastanti sul mondo editoriale: c'è chi sostiene che il mercato sia in crisi per via del sistema delle rese in libreria; chi dice che lo è perché gli editori non fanno bene il loro lavoro (cioè fanno marketing più che cultura); altri sostengono che sia colpa degli scrittori; altri ancora che non ci sia nessuna crisi. Tu che ne pensi, come vedi l'editoria italiana?

Be', che il mercato sia in crisi io me lo sento ripetere da quando in questo mercato ci sono entrato, ed era il 1997. Quindi probabilmente si tratta di una crisi strutturale. Rilevo però che negli ultimi anni gli accentramenti editoriali, la diffusione delle catene librarie e l'aggressività delle grandi case editrici nello spartirsi gli spazi a disposizione, hanno portato alla chiusura di un gran numero di piccole case editrici. Si tratta cioè di un mercato le cui regole sono studiate per favorire gli editori con grandi tirature, mentre per gli altri è sempre più difficile sopravvivere. E' vero che i librai hanno un diritto di resa imperituro, ma è vero che senza questo diritto i libri dei piccoli editori non arriverebbero mai in libreria, perché sarebbe troppo rischioso per un libraio acquistarli. Così come è vero che gli editori non sempre fanno cultura, ma si preoccupano anche delle vendite (e non sempre posso dar loro torto...). E' che grandi e piccoli editori non hanno gli stessi strumenti per confrontarsi sul mercato, e naturalmente i piccoli da questo confronto escono con le ossa rotte. Se si volesse davvero favorire il pluralismo culturale servirebbero degli aiuti mirati, una legislazione specifica, ma vista la deprimente situazione politica attuale si tratta di puri e semplici miraggi.

Mi parli delle prossime novità in catalogo e di Raccontare Ravenna 2010?

"Raccontare Ravenna" è un'iniziativa studiata in collaborazione con il comune di Ravenna, la nostra città: si tratta di un laboratorio di scrittura finalizzato alla realizzazione di un romanzo collettivo che racconti la città. A questo laboratorio partecipano otto persone, coordinate da me. Si tratta di un lavoro duro e rischioso, dato che il gruppo dei partecipanti deve trovare una sua sintonia nel giro di poco tempo.
La prossima novità in catalogo invece è il romanzo di un giovane autore di origine rumena che vive in Italia da parecchi anni: si tratta di Catalin Florin Maggi, con il suo "Ultime lettere di Romulus Letizia". Il libro si rifà, nella forma e nella sostanza, alle "Ultime lettere di Jacopo Ortis" di Ugo Foscolo: ne è protagonista un giovane rumeno, Romulus Letizia, impiegato in una ditta di autotrasporti di Timisoara, intenzionato a emigrare entro breve in Italia. Anche per Letizia, come per lo Jacopo Ortis foscoliano, la situazione politica del proprio paese è ormai diventata insostenibile: la Romania è infatti governata dal leader demagogo Silviu Berlusconescu, di cui Romulus è fiero oppositore. Inizia così a scrivere lettere ai politici italiani, raccontando le difficili condizioni in cui versa il suo paese… Si tratta insomma di un romanzo satirico in cui, attraverso la descrizione di una Romania qualunquista e corrotta, si delinea il ritratto dell’attuale classe politica italiana. 

Ciao Giorgio, e continua a tenere d'occhio il blog di tanto in tanto, mi raccomando.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Mille manoscritti all'anno???? Cavolo!!!!
Non ce la farò maaiiii :(
Scrittoretriste

Anonimo ha detto...

Grande Catalin, mio compagno di antologia! Non vedo l'ora di leggere il suo nuovo lavoro.
E sempre grande il mitico Pozzi, che tiene duro e non demorde

Marta

Anonimo ha detto...

Bravo Giorgio, complimenti per la tua linea editoriale, la tua professionalità, la tua tenacia!
Cytnhia Collu

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