martedì 6 luglio 2010

Intervista a Cristiano Armati (direttore editoriale Castelvecchi): "Un libro lo si pubblica quando è bello, tutto qui"

Oggi pubblico una chiacchierata con l'amico Cristiano Armati, che è non solo un ottimo scrittore (ha pubblicato tra gli altri la raccolta di racconti "La mattina dopo" (Coniglio editore) e il romanzo "Rospi acidi e baci con la lingua" (Coniglio editore), oltre ai saggi "Italia Criminale" (Newton Compton) e Roma Criminale (Newton Compton) tutti con ottimi risultati) ma è anche il direttore editoriale della oramai storica Castelvecchi, sicuramente uno dei marchi indipendenti più interessanti del panorama letterario italiano.  

Come si diventa direttore editoriale di una casa editrice come Castelvecchi? In cosa consiste il tuo lavoro, quali sono le tue responsabilità e quali altre figure professionali operano all'interno di una casa editrice?

Lavoro nell'editoria periodica e non periodica dal 1999. In questi dieci e passa anni ho scritto per un gran numero di giornali, ho pubblicato sei libri e ne ho curati direttamente un'altra trentina. Cinque anni li ho passati come editor alla Coniglio Editore, altri cinque li ho spesi alla Newton Compton: due marchi molto diversi, che mi hanno consentito di cimentarmi sia con un pubblico di nicchia amante di tematiche quali la musica, l'eros e il fumetto, sia con un pubblico più generalista, abituato, magari, a comprare i libri al supermercato. Insieme a Dario Morgante, con cui lavoro da sempre, ho fondato e diretto prima l'etichetta Bamako (in seguito ceduta alla Coniglio), poi l'etichetta Purple Press (ora acquisita da Castelvecchi) quindi, dopo essermi fatto una cultura nel campo dell'immagine, ho rilevato "Mondo Bizzarro": una galleria d'arte contemporanea di Roma a cui abbiamo affiancato l'omonima etichetta dedicata ai libri d'arte. In tutto ciò mi sono laureato in antropologia culturale, ho imparato l'inglese, il francese e lo spagnolo e, dalla gestione del magazzino fino alle macchine tipografiche, mi sono "sporcato" le mani con tutto ciò che direttamente o indirettamente riguarda i libri, la loro scrittura, la loro composizione, la loro stampa e la loro messa in commercio. Sono stati dieci e passa anni di lavoro "matto e disperatissimo": anni dove il lavoro non è mai stato solo lavoro, ma sempre e comunque anche formazione personale, passione, quasi malattia. Ora, come direttore editoriale Castelvecchi le mie responsabilità riguardano tutto il processo produttivo: dalla scelta di un titolo fino al suo confezionamento, dalla creazione di una collana fino alla sua vendita in libreria. Per fare tutto questo sono coadiuvato da diverse figure professionali fondamentali: il direttore artistico prima di tutto (alla Castelvecchi ho con me proprio Dario Morgante), responsabile dell'immagine che i libri trasmettono all'esterno; quindi i redattori (alla Castelvecchi, capitanata da Elisa Passacantilli, ho trovato una redazione formidabile), dedicati al confezionamento del libro e "sacerdoti" della sua cura formale; poi gli editor, che seguono il mercato alla ricerca di titoli e ne curano con me la loro trasformazione in libri; per non parlare dell'ufficio stampa (diretto da Patrizia Renzi), fondamentale per la comunicazione; della direzione commerciale (Federico Pancaldi), altrettanto fondamentale per ciò che concerne le vendite; dell'ufficio diritti (gestito da Irene Pepiciello), garante di tutto ciò che riguarda i contratti con gli autori; e della rete di promozione (Vivalibri) e distribuzione (PDE), a cui spetta il compito di portare fisicamente i libri in libreria... il luogo in cui tutto, e per prima cosa il mio lavoro, verrà sottoposto al giudizio supremo: quello dei lettori.


C'è davvero qualcosa che non va nell'editoria italiana? Se sì, cosa?

Si dice sempre che in Italia si legge poco... è vero, ma si può considerare il lato positivo di una situazione penalizzante rispetto a quella degli altri maggiori paesi europei: se si legge poco, vuol dire che in futuro si potrà soltanto leggere di più! Tutto ciò in realtà sta già accadendo, per cui non ho intenzione di unirmi al coro dei pessimisti a oltranza. Poi c'è un altro discorso, che non riguarda strettamente l'editoria pur essendo fondamentale: se non ce ne siamo accorti, l'occidente sta attraversando la peggiore crisi economica dal '29 ai giorni nostri... in alcuni paesi siamo alla soglia dell'insurrezione, ovunque ci sono enormi difficoltà dovute alla carenza di lavoro e a una povertà diffusa. Se si assiste anche a una contrazione dei consumi non penso ci sia da esserne stupiti: ed è proprio questo il problema più grave con cui, al di là dell'editoria, chiunque svolga una qualunque professione sarà chiamato a fare i conti nei prossimi anni.


Come viene selezionato un libro adatto alla pubblicazione? Ci sono dei canali preferenziali che permettono ad un autore di essere letto e valutato con più attenzione rispetto agli altri?

Un libro è adatto alla pubblicazione quando è bello, tutto qui. L'idea del "bello", naturalmente, ha a che fare con una linea editoriale e con le risposte del mercato, non con un concetto astratto. Per il resto, chi vuole pubblicare deve prima di tutto scrivere: esistono una quantità di luoghi in cui ci si può mettere in luce (blog, riviste, circoli di scrittori...), ed è qui che, in linea di massima, peschiamo i nostri autori.


Un consiglio a chi vuole iniziare una carriera nel mondo editoriale sperando magari un giorno di fondare una casa editrice?

La domanda è difficile perché, in editoria, non mi pare che i percorsi personali siano facilmente formalizzabili e traducibili in un modello da seguire. Certo, è anche vero che negli anni ho visto bruciare discreti capitali da più di un editore in erba. L'errore, in questi casi, è stato un errore di presunzione: pensare di poter fare tutto da soli, quando magari, con l'assistenza di qualcuno del settore, avrebbero senz'altro ottenuto di più. Ma il problema è che chi fonda le case editrici, molte volte, è animato da un'idea astratta e utopica del libro. E, in cuor suo, crede di potersela cavare unicamente con il suo gusto personale o con la pubblicazione di qualche romanzo scritto da amici... questo tipo di persona non delegherebbe mai le scelta a un direttore editoriale, preferisce perdere decine di migliaia di euro, ma tenersi stretto il ruolo: assecondare il suo ego con il lato prestigioso di un ruolo che in realtà è estremamente duro. Il difetto di questo tipo di persone, paradossalmente, è quello di non sapersi comportare da imprenditori. E a chi volesse replicare un simile schema, visto con i miei occhi fallire moltissime volte, più che un consiglio preferisco fare un augurio: in bocca al lupo.


Credi che pubblicare racconti su blog o webzine possa essere utile ad uno scrittore alle prime armi al fine di farsi notare da un editore?

Intanto è utile a se stesso per iniziare ad esercitare il mestiere di autore: la scrittura è prima di tutto un confronto continuo con se stessi, dove il "se stesso" è un giudice implacabile, che non cede neppure di fronte alle lusinghe dei lettori, neppure di fronte a un eventuale successo. Sì ai blog e alle webzine, dunque, ma con un avvertimento: chi prende le decine di accessi alle proprie pagine per il "pubblico" si sbaglia di grosso.


Quanti scrittori esordienti pubblica in un anno Castelvecchi?

Non abbiamo un numero prestabilito di esordienti da pubblicare per forza, dipende dalla qualità delle proposte che arriveranno e dai nomi che saremo in grado di far emergere. Abbiamo già qualche autore interessante per le mani: staremo a vedere.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

blogolo è uno di quei luoghi dove ci si può mettere in luce, mi sa che al più presto vi invio un racconto..... sperando che armati lo legga :) sirio

Armati ha detto...

la verità non è in un racconto... ma in tanti racconti :-)

Anonimo ha detto...

allora ne invierò tanti :)
sirio

Anonimo ha detto...

Grande Armati, la Castelvecchi ha scelto bene.

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